"Nel 1914 tutti i popoli combattenti si trovarono in uno stato di sovreccitazione: la diceria più stolta si trasformava subito in realtà, la più assurda calunnia veniva creduta. A dozzine c'erano persone in Germania pronte a giurare di aver visto coi loro occhi le automobili cariche d'oro recarsi dalla Francia in Russia; le fiabe degli occhi cavati e delle mani mozzate, che affiorano in ogni guerra sin dal secondo o dal terzo giorno, riempivano i giornali. Non sapevano quegli ingenui che la tecnica di attribuire al soldato nemico ogni possibile crudeltà fa parte del materiale di guerra quanto i proiettili e gli aeroplani, e che essa viene cavata dai magazzini regolarmente al principio di ogni conflitto. La guerra non può essere messa d'accordo con la ragione e con il senso di giustizia; essa esige entusiasmo cieco per la propria causa e odio contro l'avversario. Ma è proprio della natura umana che i sentimenti acuti non si possano prolungare all'infinito, né nell'individuo, né in un popolo, e ciò è ben noto ad ogni organizzazione militare. Questa perciò ha bisogno di un assillo artificiale e simile compito d'incitamento dev'essere assolto - con buona o con cattiva coscienza, per convinzione o per abilità di mestiere - dagli intellettuali, dai poeti, dagli scrittori, dai giornalisti. Essi dovevano battere il tamburo dell'odio e lo fecero con la massima energia, sino a quando ogni persona ancor ragionevole ne ebbe le orecchie ed il cuore dolenti. Quasi tutti in Germania, in Francia, in Italia, nel Belgio ed in Russia, obbedirono alla propaganda di guerra e con ciò alla follia ed all'odio collettivo della guerra, invece di insorgere a combatterli. Le conseguenze furono disastrose. (...) Shakespeare venne bandito dai teatri tedeschi, Mozart e Wagner da quelli francesi ed inglesi. (…) Il perturbamento degli intelletti divenne sempre più assurdo. (...) I preti predicavano dagli altari, ed i socialisti, che un mese prima avevano denunciato il militarismo come il peggiore delitto, facevano ora più chiasso degli altri (…)"
Da: Stefan Zweig, Il Mondo di ieri, capitolo "Le prime ore della guerra del 1914".
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