Sinistra, certezza, verità
Paolo Di Remigio
La sinistra attuale è nata dal Sessantotto, quando gli
studenti, anziché imparare dai docenti, decisero che la propria ignoranza non
era inferiore alla loro scienza. L’ignoranza può sentirsi pari alla scienza
solo se vanifica la distinzione tra sé e la scienza e riduce ogni verità alla certezza
soggettiva. Se però esistono solo certezze, la verità del docente è nudo
potere, a cui è legittimo opporre il nudo potere alternativo, il 'potere
studentesco'. A differenza del potere del docente, che appare come potere
immediato, il potere studentesco è potere riflesso: si impone per negare la sua
negazione e svanisce quando l’ha portata a termine. Sottraendo il piedistallo
alla cattedra ed eliminando la cattedra stessa, si finisce così in un’aula in
cui ci sono solo banchi; si arriva cioè a un mondo variegato di sole certezze
soggettive, il mondo aperto.
Poiché però la certezza è un’ignoranza paga di se stessa (‘sapere di sapere’ come l’ha chiamata Bagnai), che non riconosce nessun oggetto, dunque nessuna ragione oggettiva per vergognarsi di sé e trascendersi, la differenza tra le certezze soggettive può generare contrasto e il variegato mondo aperto può degenerare in una guerra illimitata. La certezza evita il conflitto associando all’ideale dell’apertura l’ideale della tolleranza.
Poiché però la certezza è un’ignoranza paga di se stessa (‘sapere di sapere’ come l’ha chiamata Bagnai), che non riconosce nessun oggetto, dunque nessuna ragione oggettiva per vergognarsi di sé e trascendersi, la differenza tra le certezze soggettive può generare contrasto e il variegato mondo aperto può degenerare in una guerra illimitata. La certezza evita il conflitto associando all’ideale dell’apertura l’ideale della tolleranza.
In quanto si sottopone allo stress della tolleranza,
la sinistra sente ormai la sua certezza non soltanto pari, ma addirittura superiore
alla verità; infatti la verità, poiché non lascia esistere il falso accanto a
sé, ne è anzi la dissoluzione, è intollerante. Per la certezza paga di sé, la
verità, in quanto si sottrae alla fatica della tolleranza, è soltanto un comodo
atteggiamento di chiusura mentale, apparentemente rassicurante, in realtà
foriero di conflitto.
Ma la tolleranza non è esente da una sua dialettica. La tolleranza è tollerante con i tolleranti e intollerante con gli intolleranti. Proprio perché si conserva mediante l’intolleranza dell’intolleranza, la tolleranza è anche il contrario di se stessa. Viceversa, la stessa verità non è soltanto il contrario della certezza, come questa crede, ma ne è mediata: la verità non è la certezza ripiegata nel proprio comodo angolo, è invece la certezza che ha provato il potere dei fatti, è il faticoso parto dell’esperienza, ossia la certezza che nasce dall’aver esposto al pericolo la certezza soggettiva. La sua intolleranza non è dunque un difetto soggettivo, ma deriva dall’avere sperimentato l’intolleranza dei fatti e dal farla valere nella sua certezza.
Nel linguaggio attuale della sinistra la differenza tra certezza e verità è espressa come differenza tra ‘mente’ e ‘pancia’: ‘mente’ è la prerogativa della sinistra che sacrificherebbe anche i primogeniti all’apertura e alla tolleranza; ‘pancia’ è invece l’impellenza, il potere intollerante dei fatti. Ma con l’intollerante è doveroso essere intolleranti; i fatti devono dunque essere nascosti e distorti; la scienza deve essere tradita, la verità immolata, chi la esprime deve essere infamato, perché si realizzi finalmente il paradiso delle certezze. La nobile intenzione impedisce alla sinistra di percepire l’abiezione dei mezzi per realizzarla: la sua società aperta si instaura con la penna dei giornalisti prezzolati, con l’occupazione dei mezzi di comunicazione tradizionali, con la manipolazione della scuola, con la censura degli spazi comunicativi non addomesticati. La sinistra è questa contraddizione di un antifascismo fascista; il fascismo che essa sente rinascere dalle viscere della società è soltanto l’intolleranza della sua tolleranza.
Ma la tolleranza non è esente da una sua dialettica. La tolleranza è tollerante con i tolleranti e intollerante con gli intolleranti. Proprio perché si conserva mediante l’intolleranza dell’intolleranza, la tolleranza è anche il contrario di se stessa. Viceversa, la stessa verità non è soltanto il contrario della certezza, come questa crede, ma ne è mediata: la verità non è la certezza ripiegata nel proprio comodo angolo, è invece la certezza che ha provato il potere dei fatti, è il faticoso parto dell’esperienza, ossia la certezza che nasce dall’aver esposto al pericolo la certezza soggettiva. La sua intolleranza non è dunque un difetto soggettivo, ma deriva dall’avere sperimentato l’intolleranza dei fatti e dal farla valere nella sua certezza.
Nel linguaggio attuale della sinistra la differenza tra certezza e verità è espressa come differenza tra ‘mente’ e ‘pancia’: ‘mente’ è la prerogativa della sinistra che sacrificherebbe anche i primogeniti all’apertura e alla tolleranza; ‘pancia’ è invece l’impellenza, il potere intollerante dei fatti. Ma con l’intollerante è doveroso essere intolleranti; i fatti devono dunque essere nascosti e distorti; la scienza deve essere tradita, la verità immolata, chi la esprime deve essere infamato, perché si realizzi finalmente il paradiso delle certezze. La nobile intenzione impedisce alla sinistra di percepire l’abiezione dei mezzi per realizzarla: la sua società aperta si instaura con la penna dei giornalisti prezzolati, con l’occupazione dei mezzi di comunicazione tradizionali, con la manipolazione della scuola, con la censura degli spazi comunicativi non addomesticati. La sinistra è questa contraddizione di un antifascismo fascista; il fascismo che essa sente rinascere dalle viscere della società è soltanto l’intolleranza della sua tolleranza.
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