Commentando sul suo blog un articolo di Roberto
Chiarini, Stefano
Azzarà ha scritto
alcune righe in cui sintetizza, in modo ammirevole per efficacia e intensità, la tesi sulla persistente attualità dell’opposizione di
destra e sinistra. Ve le propongo qui
"In
realtà le cose sono semplici: la sinistra è il partito
dell'emancipazione e del progresso ma poiché emancipazione e
progresso conoscono la contraddizione, è anche il partito della
totalità, della mediazione e della negazione determinata ovvero del
riconoscimento e cioè è il partito dell'universale concreto. La
destra è il partito del naturalismo (nelle sue diverse forme) e
della discriminazione, il partito del particolare e
dell'immediatezza, che nelle condizioni politiche ridefinite dopo la
Rivoluzione francese può assumere però anche le forme
dell'universalismo astratto e immediato"
Secondo
il mio contatore, sono 593 caratteri, spazi inclusi (ed escluse le virgolette che ho aggiunto io). Il tono è
dogmatico, per l’ovvio motivo che l’argomentazione analitica di
queste tesi di Azzarà riempirebbe alcuni libri, o forse alcune
biblioteche. E lo stesso vale per eventuali tentativi di
confutazione. Mi ha affascinato l’idea di provare a replicare
esattamente nello stesso spazio da lui usato. Ecco il risultato
"In
questa opposizione, il capitale dove sta? Non a
destra, perché è anti-naturalista, non a
sinistra perché è anti-emancipatorio. Entro quelle
categorie
non si capisce né
il
capitale né
il mondo. Il progresso è stato negli ultimi due secoli progresso del
capitale: progresso economico e
tecnologico
e insieme, dialetticamente, progresso di emancipazione.
Ma
questa
fase storica si è conclusa, e il progresso del capitale è oggi
univocamente regresso dell’emancipazione. Qui
sta la ragione vera che spiega l’attuale
sinistra “progressista”, condannata
ad essere o
irrilevante
o de-emancipatoria"
Secondo
il mio contatore sono anche questi 593 caratteri.
Addendum 11-11: Stefano Azzarà ha cortesemente pubblicato il nostro intervento sul suo blog, con una sua breve replica. All'inizio scrive:
Addendum 11-11: Stefano Azzarà ha cortesemente pubblicato il nostro intervento sul suo blog, con una sua breve replica. All'inizio scrive:
"Badiale e Tringali, sostenitori del Mito Transpolitico "oltre destra e sinistra" - e dunque, temo, di un eventuale fronte trasversale che dovrebbe comprendere i fascisti sociali e forse anche Mario Draghi, tutti sostenitori di questa medesima tesi - mi criticano sul loro blog http://www.badiale-tringali.it"
e alla fine
"Non posso che rispondere in questa maniera. Il progresso o meno dipende dai rapporti di forza tra le classi nella situazione concreta e il capitale è progressivo quando questi rapporti sono più equilibrati, meno progressivo – ma comunque sempre più progressivo del feudalesimo – quando sono più squilibrati. E' ancora più semplice e sono ancora meno caratteri".
Penso che la discussione possa chiudersi qui, certamente non perché non ci sia più nulla da aggiungere ma perché quello del dire tesi dense in pochi caratteri è un bel gioco che deve durare poco. Solo una battuta finale: Draghi no, grazie.
"Infatti, introdotto il fascismo come avversario primo ed essenziale, passi ulteriori diventano necessari. In primo luogo, distinguere tra una borghesia progressiva (industriale) e una borghesia arretrata (agraria, terriera, parassitala, redditiera di beni immobiliari, eccetera), fare della seconda la sola responsabile e il pascolo del fascismo, e asserire la necessità di allearsi con la prima sino al compimento dell’evoluzione democratico-borghese della nazione italiana. Poi, trasferire il giudizio affermativo di valore al "progresso”, allo “sviluppo”, alla liberazione dalle “arcaicità feudali”, eccetera, e attribuire una funzione positiva al capitalismo, come fase che libera dall’“arretratezza”. A questo punto il successo di Gramsci diventa la copertura del successo dei suoi avversari, di quelli che più dichiaratamente ha detto tali, economicismo, positivismo, scientismo; la via nuova al socialismo diventa transizione dal vecchio al nuovo capitalismo." (A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano, 1992, pagg. 322-3).
RispondiEliminaLa lettura delnociana di Gramsci è sbagliata; quella di una certa mentalità "italocomunista"...diciamo che i "transpolitici" forse tutti i torti non li hanno, se ancora oggi, 2017, si deve tirar fuori lo spauracchio di un feudalismo che l'attuale capitalismo, anziché consegnarci, ci risparmierebbe.