(Sei anni fa moriva Massimo Bontempelli. Vi propongo alcune poesie scritte in sua memoria, pubblicate nella mia recente raccolta. M.B.)
Per
un Maestro (Massimo Bontempelli 1946-2011)
1.
Difficile
spiegare chi eri.
Mi
prenderebbero per pazzo.
E
non sono molto coraggioso,
lo
abbiamo sempre saputo.
Ma
non ti ho rinnegato, questo certamente no,
anche
se il gallo ha cantato molte volte da allora.
Mi
chiedo se ti ho meritato.
Penso
di no.
Sì,
c'è ancora tempo,
non
sono finito,
ma
non credo di avere le forze
per
fare molto più di ciò che ho fatto.
Ho
troppi conti da pagare,
troppe
email a cui rispondere,
e
devo curarmi
una
discopatia alle cervicali.
Cerco
di salvarmi la vita.
Perché
non ritornerai circondato di gloria
alla
destra del Padre,
lo
sappiamo bene.
E
allora questo solo posso dirti.
Perdonami,
accoglimi, ascoltami.
Come
hai sempre fatto.
2.
Plotino
si vergognava di avere un corpo.
Hegel
non saprei, ma credo di no.
Il
tuo problema non era certo la vergogna,
era
il dolore, quel buco nero
che
ti ha rubato i giorni della vita,
e
alla fine ti ha ucciso.
Ma
quando ti lasciava libero
nel
tuo corpo non ci stavi male.
Ti
godevi le piccole cose:
un
buon caffè, una spiaggia tranquilla,
il
silenzio, soprattutto.
Ti
muovevi con un po' di incertezza.
Era
forse l'eccesso di cose
che
portavi al futuro.
Cercavi,
esitando, con chi dividerle.
Qualcuno
l'hai trovato, dopotutto.
Dopotutto,
sei stato felice.
3.
Come
si può vivere decentemente
in
un tempo senza speranza
come
il nostro?
Ce
lo siamo chiesti a lungo, ricordi?
Dovevamo
anche scriverci un libro.
Tu
avresti parlato di Proclo e Giamblico.
Il
tuo destino ha deciso diversamente.
Hai
fatto quello che hai potuto.
Hai
protetto i semi
che
forse nasceranno.
Hai
copiato antichi manoscritti.
Hai
detto, a chi la chiedeva,
la
parola che aiuta,
e
forse salva.
Hai
fatto quello che hai potuto.
Come
fanno tutti, si potrebbe dire.
Ma
davvero non come tutti.
4.
Cos'è
che ci salva?
Era
questa la domanda
che
non ti ho mai fatto,
distratto
dalle tante altre cose
di
cui volevo parlarti.
Perché
alcuni sono sommersi
dalle
onde della vita
e
sprofondano giù,
nel
buio, perduti,
e
altri riescono ad afferrare
un
senso che riscatta il dolore
e
ti salva?
Dove
sta l'impercettibile
punto
di svolta?
Il
crinale fra coraggio e viltà?
Forse
non avresti risposto,
scuotendo
la testa imbarazzato,
come
quando mi vedevi commettere
i
miei errori.
In
interiore homine habitat veritas.
E
Sant'Agostino, lo possiamo dire,
se
ne intendeva.
Ma
forse so perché non te l'ho mai domandato.
Perché non era quello che volevo chiederti
ma
solo
“salvami,
ti prego”.
E
questo davvero
non
lo potevi fare.
5.
La
storia ha un modo di ridere che è ripugnante
scriveva
un poeta che amo.
Parlava
della grande Storia dei popoli e delle classi.
Ma
anche le piccole storie degli individui
non
sono da meno.
Ti
è sempre mancato il tempo
per
scrivere, per dare al mondo quello
che
solo tu potevi,
e
quando finalmente il tuo orizzonte si è aperto
la
vecchia falce l'ha richiuso,
quasi
subito.
Ho
fatto i conti,
hai
dato esattamente
l'otto
virgola tre periodico per cento
di
quello che avevi.
Anche
così, è stato sufficiente
a
cambiarmi la vita.
Ma
adesso i demoni meschini
sono
lì che mi attendono,
ghignando,
adesso
che tu non ci sei.
6.
Gli
uomini sono esseri mirabili
scriveva
ancora quello stesso poeta
parlando
del celebre marxista ungherese.
Chissà
cosa intendeva veramente.
Di
certo tu non ti saresti mai
espresso
così.
Conoscevi
troppo bene i nodi
che
dentro ognuno di noi
legano
il bene al male,
le
piccole viltà che ci rendono impossibile
ciò
che in verità potremmo.
Mirabile
è ciò che nell'uomo
può
manifestarsi
se
lo sappiamo volere.
“Gli
uomini sono esseri liberi”
avresti
forse detto
“e
ne pagano il prezzo”
7.
Ti
mancava l'ironia,
questa
forma civilizzata
dell'odio.
Eri
incapace di odiare,
appunto.
Ridevi
come ridono i bambini.
Temevo
che non sapessi proteggerti.
Avevo
paura per te.
Che
sciocco.
Alla
fine
sei
tu che hai vinto.
8.
Raccolgo
cose disperse che abbiamo scritto,
ne
faccio un libro
dalla
copertina buia,
come
i tempi che ci attendono,
e
che tu non vedrai.
Non
oso soffermarmi a pensare
allo
spreco assurdo
di
te
che
il nostro tempo ha fatto.
Le
idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti
scrissero
i due saggi tedeschi.
Ma
quando né la classe dominante
né
quella dominata
hanno
più nulla
che
assomigli a un'idea
che
cosa domina il tempo?
La
risposta è ovvia,
il
nulla produce il nulla,
il
vuoto che corrode
tutto
ciò che appare solido
e
si dissolve nell'aria.
Non
era il tempo per te.
In
fondo è già molto
se
ti hanno lasciato vivere.
9.
Il
grande poeta tedesco
esaltava
l'umile
che
strappa al saggio la saggezza
perché
sa volerla.
A
te non bisognava strappare nulla,
eri
pronto a dare
sapere
e sapienza,
ma
certo bisognava volerlo
e
assumersene
le
conseguenze.
Posso
dire di averlo fatto?
Nel
mio modo imperfetto,
poco
utile,
e
poco coraggioso,
lottando
contro le ansie
che
mi porto dentro,
sì,
l'ho
fatto.
“In
interiore homine habitat veritas”: Sant'Agostino, appunto
“un
poeta che amo”: Franco Fortini
“celebre
marxista ungherese”: György Lukács
“i
due saggi tedeschi”: ovviamente, Marx ed Engels
“grande
poeta tedesco”: B.Brecht, nella “Leggenda sull'origine del libro
Taoteking dettato da Laotse sulla via dell'emigrazione”.