(Nel
1808 Hegel assunse l'incarico di rettore del Ginnasio di Norimberga.
Nel settembre del 1809, a conclusione del primo anno scolastico,
tenne il seguente discorso sul significato degli studi classici.
Paolo Di Remigio ci propone questa traduzione commentata. Leggendola siamo stato colpiti dalla lucidità e dall'attualità delle parole di Hegel su cosa siano cultura ed educazione. Per questo ci sembra interessante proporvelo. Ringraziamo l'amico Di Remigio per questa opportunità. Il testo appare anche su "Appello al popolo". M.B.)
Questa città ha riconosciuto il bene di un nuovo ordinamento scolastico con tanta più vivacità quanto maggiore e più universalmente sentito era il bisogno di un cambiamento2.
Il nuovo Istituto ha poi avuto il vantaggio di seguire Istituti non nuovi, ma antichi, durati più secoli; così gli è si potuta connettere la pronta rappresentazione di una lunga durata, di una permanenza, e la fiducia corrispondente non è stata disturbata dal pensiero opposto che il nuovo ordinamento sia qualcosa di soltanto fuggevole, di sperimentale, – un pensiero che spesso, in particolare quando si fissa negli animi di coloro ai quali è affidata l'esecuzione immediata, finisce con lo svilire di fatto un ordinamento a un mero esperimento3.
Un motivo interno di fiducia è però che, nel migliorare ed estendere essenzialmente il tutto, il nuovo Istituto ha conservato il principio dell'antico e ne è soltanto una prosecuzione. Ed è notevole che questa circostanza costituisca il caratteristico e l'eccellenza del nuovo ordinamento4.
Poiché l'anno scolastico che si conclude è il primo e la storia del nostro Istituto in questo anno è la storia del suo sorgere5, è troppo vicino il pensiero di tutto il suo piano e del suo fine, perché possiamo distoglierne la nostra attenzione e dirigerla già a suoi casi singoli. Poiché la cosa stessa è appena nata, la sua sostanza tiene ancora occupate la curiosità e la riflessione pensante. Quanto c'è di singolo, poi, in parte è noto dagli annunci pubblici; in parte è contenuto insieme all'ulteriore dettaglio (che cosa e come e a quanti alunni sia stato insegnato quest'anno), nel catalogo scolastico stampato che sarà distribuito al pubblico. Mi sia dunque consentito, all'alta presenza di Sua Eccellenza e di questa eminente assemblea, di attenermi al principio del nostro Istituto e di esporre alcuni pensieri generali sulla sua condizione, sulla sua struttura e sul loro senso, per quello che l'attività dispersiva che in questo momento il mio ufficio porta con sé mi permette di mettere insieme6.
Lo spirito e il fine del nostro Istituto è la preparazione allo studio teorico, una preparazione che è costruita sulla base dei Greci e dei Romani. Da qualche millennio è questo il terreno su cui è impiantata, da cui è germogliata e con cui è stata in costante rapporto ogni cultura. Come gli organismi naturali, piante e animali, si svincolano dalla gravità, ma non possono abbandonare questo elemento della loro essenza, così ogni arte e scienza è cresciuta su quel terreno; e sebbene sia diventata autonoma, non si è liberata dal ricordo di quell'antica formazione. Come Anteo rinnovava le sue forze al contatto con la Madre Terra, così ogni nuovo slancio e vigore della scienza e della cultura è sorto dal ritorno all'antichità7.
Come però è importante la conservazione di questo terreno, così è essenziale il cambiamento della sua situazione di un tempo. Quando ci si accorge di ciò che di insufficiente e di nocivo hanno i principi e gli ordinamenti antichi, e i mezzi e gli fini educativi ad essi legati, il primo pensiero che emerge è la loro completa eliminazione. Invece la saggezza delle Autorità, superiore a questo rimedio di facile apparenza, soddisfa nel modo più vero l'esigenza del nostro tempo, perché pone l'antico in un rapporto nuovo col tutto e così non solo ne conserva l'essenziale, ma lo muta e lo rinnova8.
Mi occorrono solo poche parole per ricordare il posto che l'apprendimento del latino aveva un tempo: esso non era un momento dello studio teorico, ma ne costituiva la parte più essenziale ed era l'unico mezzo formativo superiore offerto a chi non volesse arrestarsi a un'istruzione generica, del tutto elementare; per acquisire altre conoscenze utili alla vita civile o valide in sé e per sé, non erano disponibili Istituti specifici, ma che si afferrassero un quale e un quanto anche di altre conoscenze era rimesso all'occasione dell'apprendimento di quella lingua; – quelle conoscenze erano considerate un'arte particolare, non un mezzo di formazione, ed erano per lo più nascoste in quel contenitore9.
Tutti levarono la voce contro quell'apprendimento del latino divenuto tormentoso; soprattutto si levò il sentimento che non si può considerare acculturato un popolo che non sappia esprimere nella sua lingua tutti i tesori della scienza, e non vi si possa muovere liberamente con ogni contenuto. Questa intimità con cui ci appartiene la lingua materna manca alle conoscenze che possediamo solo in una lingua straniera; le separa da noi una parete divisoria che non consente loro di essere veramente innate nello spirito10.
Questo punto di vista, i metodi errati che spesso scadevano in puro meccanismo, il ritardo nell'acquisizione di molte conoscenze specifiche importanti e di molte abilità mentali, hanno poco a poco tolto alla conoscenza del latino la pretesa di valere come scienza principale e la sua antica dignità di essere lo strumento educativo universale e quasi esclusivo. Essa ha cessato di essere considerata il fine, e questa attività spirituale ha dovuto vedersi sormontata dalle cosiddette cose concrete, anche da quelle quotidiane, sensibili, incapaci di offrire materia educativa11. Senza addentrarci in questi contrasti e nelle loro determinazioni ulteriori, nelle forzature o nelle collisioni esterne, basti qui rallegrarsi della sapiente situazione statuita dalla nostra Autorità Suprema.
In primo luogo, essa ha esteso la cultura civile generale perfezionando le scuole popolari tedesche; così a ognuno si procurano i mezzi per imparare ciò che gli è essenziale come uomo ed è utile al suo ceto; è così garantito il meglio a chi finora ne era privo; a chi, per ottenere qualcosa di meglio dell'insufficiente istruzione generale, poteva ricorrere soltanto al mezzo educativo menzionato, lo si rende meno inevitabile e lo si sostituisce con conoscenze e competenze più funzionali. – Anche questa città guarda colma di attese all'organizzazione completa di quest'opera meritoria già realizzata nella maggior parte del resto del Regno – un'opera meritoria di cui le conseguenze rilevanti per il tutto sono incommensurabili12.
In secondo luogo, lo studio delle scienze e l'acquisizione di utili competenze spirituali superiori, nella loro indipendenza dalla letteratura antica, ricevono il loro strumento efficace in una propria Istituzione affine13.
In terzo luogo, infine, è conservato lo studio delle lingue antiche. In parte, prima come dopo, è aperto a ognuno come mezzo educativo superiore, in parte è stabilito come solida base dello studio teorico. Poiché ora si colloca accanto a quello strumento educativo e a quelle forme scientifiche, esso ha perduto la sua esclusività e può aver estinto l'odio contro le sue vecchie pretese. Messosi così da parte, ha tanto più diritto di esigere che nella sua separazione possa regolarsi liberamente e gli siano evitate intrusioni estranee e importune14.
Separandosi e limitandosi ha acquisito la sua vera collocazione e la possibilità di configurarsi nel modo più libero e compiuto. L'indice vero della libertà e della forza di un'organizzazione consiste sia nel fatto che i momenti differenti che contiene si approfondiscono in se stessi e si rendono sistemi completi, compiono la loro funzione l'uno accanto all'altro e la vedono compiere senza invidia e timore, sia nel fatto che tutti sono di nuovo parti di uno stesso grande intero. Solo ciò che si rende compiuto separandosi nel suo principio diventa un tutto conseguente, cioè diventa qualcosa; acquisisce spessore e il forte potere di rendersi multilaterale. La preoccupazione e il timore dell'unilateralità appartengono troppo spesso alla debolezza che è capace soltanto della superficialità multilaterale inconseguente15.
Che lo studio delle lingue antiche, pur così limitato, resti oggi come una volta la base della formazione teorica, è stato messo vivacemente in discussione. Sembra un'esigenza legittima che la cultura, l'arte e la scienza di un popolo arrivino a stare sulle proprie gambe. Non dobbiamo credere che la cultura del mondo moderno, il nostro illuminismo, i progressi delle arti e delle scienze siano usciti dall'infanzia greca e romana, che, sciolti dalle vecchie dande, possano camminare sul loro terreno? Alle opere degli antichi resti pure il loro valore più o meno consacrato – esse dovrebbero comunque retrocedere nella galleria delle memorie, delle oziose curiosità erudite, nel puramente storiografico, che si può coltivare o no, ma che non dovrebbe costituire la base e l'inizio per la nostra educazione spirituale superiore16.
Se tuttavia facciamo valere il principio che si deve sempre partire dall'eccellente, allora innanzitutto la letteratura dei Greci, poi quella dei Romani, devono essere e restare la base dello studio superiore. La perfezione e lo splendore di questi capolavori devono essere l'immersione spirituale, il battesimo profano, che danno all'anima il primo tono e colore per il gusto e la scienza. E per questa consacrazione non è sufficiente una familiarità esteriore con gli antichi, ma dobbiamo prendere cibo e alloggio da loro, per assorbirne l'atmosfera, le rappresentazioni, i costumi, perfino, se si vuole, gli errori e i pregiudizi, e diventare abitanti di questo mondo, il più bello che ci sia mai stato. Se il primo paradiso era il paradiso della natura umana, questo è il secondo, superiore, il paradiso dello spirito umano che avanza nella sua più bella naturalezza, libertà, profondità e serenità, come la sposa dalla sua camera. Il primo splendore selvaggio del suo sorgere in Oriente è arginato dallo splendore della forma e addolcito nella bellezza; lo spirito umano ha la sua profondità non più nella confusione, nell'opacità o nell'enfasi, ma si manifesta in disinvolta chiarezza; la sua serenità non è un gioco infantile, è diffusa sulla malinconia che conosce la durezza del destino, ma che la durezza non scaccia dalla libertà oltre il destino e dalla misura. Non credo di affermare troppo se dico che ha vissuto senza conoscere la bellezza chi non ha conosciuto le opere degli antichi17.
In tale elemento, in quanto vi prendiamo dimora, accade non solo che tutte le forze dell'anima siano stimolate, sviluppate ed esercitate, ma l'elemento stesso è una materia peculiare con cui ci arricchiamo e prepariamo la nostra sostanza migliore. Si è sostenuto che l'attività mentale si possa esercitare in ogni materia, e come materia più adatta apparivano in parte gli oggetti esternamente utili in parte quelli sensibili, che sarebbero adattissimi all'età infantile o fanciulla, perché propri dell'ambito e del modo di rappresentare che queste età avrebbero già in sé e per sé. Se anche il formale fosse così separabile dalla materia e l'esercizio fosse così indifferente all'ambito oggettivo in cui deve svolgersi, tuttavia non è importante soltanto l'esercizio. Come la pianta non soltanto esercita le forze della sua riproduzione all'aria e alla luce, ma in questi processi succhia anche il suo nutrimento, così la materia in cui si sviluppano e si esercitano l'intelletto e la facoltà dell'anima deve essere anche un nutrimento. Non quella cosiddetta materia utile, quel materiatur sensibile, quale si trova immediatamente nella facoltà rappresentativa del bambino, ma soltanto il contenuto spirituale, che ha valore e interesse in sé e per sé stesso, fortifica l'anima e procura quel carattere indipendente, quell'interiorità sostanziale che è madre del contegno, della saggezza e della presenza di spirito; dell'anima che vi matura quel contenuto spirituale fa un nucleo di valori indipendenti, di fini assoluti, che è la base necessaria dell'abilità in ogni cosa e che è importante impiantare in ogni ceto. Non abbiamo visto nei tempi moderni perfino degli Stati, che avevano disprezzato e trascurato di costruire e conservare tale retroterra interiore nell'anima dei loro cittadini, orientandola alla semplice utilità e allo spirituale scaduto a strumento, esporsi ai pericoli e crollare fra i loro tanti mezzi utili?18
Il più nobile nutrimento nella forma più nobile, le mele d'oro nei contenitori d'argento, sono nelle opere degli antichi incomparabilmente più che in ogni altra opera di qualunque epoca e nazione. Per giustificare l'affermazione che nell'ambito di nessuna cultura furono unite tanta eccellenza, originalità, poliedricità e ricchezza teorica, mi occorre soltanto ricordare la grandezza dei loro intenti, la loro virtù e il loro patriottismo, liberi da ambiguità moralistiche, lo stile grandioso delle loro azioni e dei loro caratteri, la varietà dei loro destini, dei loro costumi e delle costituzioni.
Questa ricchezza è però legata al linguaggio, e solo in questo la raggiungiamo in tutta la sua specificità. Le traduzioni ci danno il contenuto, non la forma, non la sua anima eterea; somigliano alle imitazioni delle rose, che possono essere simili a quelle naturali per forma, colore, anche per odore; ma non raggiungono l'amabilità, la grazia e la delicatezza della vita. In altri termini, l'esornativo e la raffinatezza appartengono solo alla copia, in cui si fa sentire un contrasto tra il contenuto e la forma che non le è connaturata. La lingua è l'elemento musicale, l'elemento dell'intimità che nella traduzione svanisce, – il profumo leggero col quale la simpatia dell'anima si abbandona al godimento, senza il quale un'opera degli antichi ha soltanto il gusto del vino del Reno svaporato19.
Questa circostanza ci impone la necessità, in apparenza20 dura, di studiare a fondo le lingue degli antichi, di rendercele familiari, per poter godere delle loro opere in tutta l'estensione possibile di ogni loro aspetto ed eccellenza. Se volessimo lamentarci della fatica che oggi dobbiamo dedicarvi e potessimo temere o dolerci di dover procrastinare l'acquisizione di altre conoscenze e abilità, dovremmo accusare il destino che non ci ha fatto avere nella nostra lingua questo cerchio di opere classiche che ci avrebbero evitato il viaggio faticoso verso l'antichità e procurato il loro sostituto.
Dopo che ho parlato della materia dell'istruzione, questo augurio invita a dire ancora qualche parola sul formale proprio della sua natura.
Il progredire della cultura non va visto come la continuazione quieta di una catena, i cui membri seguenti sarebbero congiunti a quelli precedenti, con riguardo ad essi, certo, ma a partire da una materia propria, e senza che questo lavoro ulteriore sia diretto contro i primi. La cultura deve invece avere una materia e un oggetto precedenti su cui lavora, che altera e forma di nuovo21. È necessario che acquisiamo il mondo dell'antichità non solo per possederlo, ancor più per avere qualcosa da elaborare22. – Ma per diventare oggetto, la sostanza della natura e dello spirito ci si deve contrapporre, deve aver acquisito la figura di qualcosa di estraneo. – Infelice colui al quale si è estraniato il suo mondo sentimentale immediato! Infatti questo significa che gli sono strappati i legami individuali che tenevano l'animo e il pensiero in santa amicizia con la vita, la fede, l'amore e la fiducia. – L'estraniamento che condiziona la cultura teoretica non esige questo dolore etico, non la sofferenza del cuore, ma il dolore e lo sforzo più tenui della rappresentazione che deve occuparsi di un non-immediato, di un estraneo, di qualcosa appartenente al ricordo, alla memoria e al pensiero23. – Questa esigenza di separazione è però così necessaria che in noi si mostra come un impulso universale ben noto. L'eterogeneo, il lontano portano con sé l'interesse seducente che ci attrae all'attività e allo sforzo, e il desiderabile è in rapporto inverso con la vicinanza in cui è e ci è comune. La gioventù si immagina come una fortuna partire dalla patria e abitare con Robinson un'isola lontana. Dover cercare la profondità dapprima in forma di lontananza è un inganno necessario; ma la profondità e la forza che conseguiamo possono essere misurate soltanto dall'ampiezza con la quale voliamo lontano dal centro in cui prima ci trovavamo immersi e a cui aspiriamo di nuovo24.
Su questo impulso centrifugo dell'anima si fonda in generale la necessità di offrirle quella separazione dal suo essere e dal suo stato naturali che essa cerca e di porre nel giovane spirito un mondo lontano ed estraneo. La parete divisoria con cui si crea questa separazione necessaria all'educazione di cui parliamo è il mondo e la lingua degli antichi; ma essa, che ci separa da loro, contiene anche tutti i punti di inizio e i fili del ritorno a se stessi, dell'amicizia con essa e del ritrovare se stessi, se stessi, però, secondo il vero essere universale dello spirito25.
Se applichiamo all'apprendimento linguistico questa necessità universale, che abbraccia il mondo della rappresentazione e la lingua, diventa evidente che il suo lato meccanico è più di un puro male necessario. Infatti il meccanico è l'estraneo allo spirito, che ha interesse ad assimilare il non assimilato posto al suo interno, a comprendere ciò che dentro di lui è ancora privo di vita e a farne sua proprietà26.
A questo momento meccanico dell'apprendimento della lingua si collega lo studio grammaticale, il cui valore non può essere sopravvalutato, perché costituisce l'inizio dell'educazione logica, – un aspetto che affronto alla fine perché sembra che sia stato quasi dimenticato. La grammatica infatti ha per contenuto le categorie, i prodotti e le determinazioni dell'intelletto; dunque vi si inizia a imparare l'intelletto. Queste essenze spirituali, che essa ci fa conoscere, possono essere apprese bene dalla gioventù, nulla di spirituale è più facile di esse; infatti la forza non ancora comprensiva di questa età non riesce ad assumere la ricchezza nella sua varietà27; ma quelle astrazioni sono quanto di più semplice. Sono, per così dire, le singole lettere, le vocali dello spirituale, con cui iniziamo per imparare a compitarlo e poi a leggerlo. – Inoltre la grammatica le presenta in una forma adatta a questa età, perché insegna a distinguerle tramite indici esteriori che la lingua stessa per lo più contiene; meglio di quanto chiunque sa distinguere rosso e blu senza saper dire le definizioni di questi colori nell'ipotesi newtoniana o in un'altra teoria, quella conoscenza è dapprima sufficiente, ed è importantissimo essere divenuti attenti a queste distinzioni. Infatti, se le determinazioni intellettive, poiché siamo esseri intellettivi, sono in noi e le intendiamo immediatamente, la prima educazione consiste nell'averle, cioè nell'averle rese oggetto della coscienza e nel poterle distinguere tramite indici28.
Poiché con la terminologia grammaticale impariamo a muoverci nelle astrazioni e questo studio va visto come la filosofia elementare, esso è considerato essenzialmente non solo come mezzo, ma come fine – tanto nella lingua latina che in quella tedesca –29. L'universale frivolezza banale, per scacciare la quale erano necessarie tutta la severità e la violenza delle scosse che abbiamo vissuto, aveva invertito qui come altrove il rapporto tra mezzo e fine, e aveva considerato la conoscenza materiale di una lingua più importante del suo aspetto intellettivo30. – L'apprendimento grammaticale di una lingua antica ha anche il vantaggio di dover essere un'attività razionale durevole e ininterrotta; infatti qui, a differenza che nella lingua materna, l'abitudine irriflessa non evoca la giusta disposizione delle parole, ma è necessario prendere in considerazione il valore delle parti del discorso determinato dall'intelletto e richiamare le regole del loro collegamento. Ma così si verificano un costante sussumere il particolare nel generale e la particolarizzazione del generale, e la forma dell'attività razionale consiste proprio in questo. – Lo studio grammaticale severo risulta dunque uno dei mezzi formativi più universali e più nobili31.
Tutto questo insieme, lo studio degli antichi nella lingua loro propria e lo studio grammaticale, costituisce i tratti fondamentali del principio che caratterizza il nostro Istituto. Questo bene importante, per quanto già ricco in se stesso, non comprende tutta l'estensione delle conoscenze a cui introduce il nostro Istituto preparatorio. Non solo la lettura degli antichi classici è selezionata così da offrire un ricco contenuto didattico, l'Istituto comprende anche l'insegnamento di ulteriori conoscenze che hanno un valore in sé e per sé, che sono di particolare utilità o anche di ornamento. Qui mi è sufficiente nominare queste materie; nella nota stampata che sarà distribuita si possono vedere la loro estensione, il modo di trattarle, la loro progressività ordinata al loro interno e nei loro rapporti alle altre materie, gli esercizi che sono loro connessi. Queste materie in generale sono: insegnamento religioso; lingua tedesca insieme alla conoscenza dei suoi classici; aritmetica, in seguito algebra; geometria; geografia; storia; fisiografia, che comprende cosmografia, storia naturale e fisica; scienze filosofiche propedeutiche; inoltre francese, anche lingua ebraica per i futuri teologi, disegno e calligrafia. Che queste conoscenze non siano trascurate, risulta da questo semplice calcolo: se non contiamo le ultime quattro materie, il tempo di insegnamento in tutte le classi è diviso esattamente a metà tra quelle menzionate prima e le lingue antiche; incluse anche quelle, lo studio delle lingue antiche occupa non la metà, ma solo due quinti dell'intero insegnamento.
In questo primo anno di studi trascorso è stata posta in essere e avviata la cosa principale; nel secondo anno si potrà pensare con più dettaglio a una maggiore determinazione ed elaborazione di singoli rami, come per esempio i principi delle scienze fisiche, e la Suprema Grazia di Sua Maestà il Re, come speriamo con fiduciosa certezza, ci metterà in grado di farlo. – Anche ciò che ancora manca nell'arredamento e nel decoro esterni – in sé le Muse hanno pochi bisogni e qui non sono male avvezze –, ciò che è ancora necessario per attivare la sorveglianza disciplinare esterna – e la natura del carattere locale e l'interesse dei genitori per la buona educazione dei loro figli facilita questa cura –, e simili problemi secondari vedono già avviati i loro rimedi32.
Attraverso gli esami il pubblico ha avuto l'opportunità di giudicare gli effetti generali dei benevoli Ordinamenti Supremi, della sorveglianza e dell'attività graziosissime del Commissario Generale del Re e degli sforzi a ciò conformi degli insegnanti in questo primo anno. – L'ultimo atto con cui lo concludiamo è questa solennità pubblica con cui la Graziosissima Autorità vuole dare ai suoi Istituti il momento dell'onore della testimonianza pubblica di soddisfazione per i progressi degli alunni studiosi.
Una parte di Voi, Signori, ha già ottenuto un contrassegno del Graziosissimo Consenso nel permesso di potersi iscrivere all'Università; in ciò avete visto che l'occhio dell'Autorità è aperto su di Voi; restate convinti che lo sarà sempre, che dovete sempre renderle conto dell'uso dei Vostri anni di studio e dell'accesso graziosamente voluto negli Istituti Regali, che nella nostra Patria ogni carriera è aperta ai Vostri talenti e alla Vostra applicazione, ma è accessibile solo al merito. Così all'Università proseguite indefessamente l'opera che avete iniziato qui. La maggior parte di Voi lascia per la prima volta la casa paterna; come già una volta vi siete separati dal cuore di Vostra Madre quando siete venuti alla luce, così ora vi sciogliete dalla vita delle Vostre Famiglie facendo il passo nello stato di indipendenza. La gioventù guarda avanti: mai però dimenticate lo sguardo retrospettivo del ringraziamento, dell'amore e del dovere verso i Vostri genitori.
I giudizi degli insegnanti su ognuno degli alunni sono letti loro alla presenza di tutti i docenti e dei compagni di classe; questa pagella è comunicata in forma scritta anche ai genitori su loro richiesta. Il risultato sintetico di questo giudizio è il posto progressivo che ciascuno ottiene dal parere degli insegnanti e dalla conferma del Rettorato, secondo i suoi progressi globali tra i compagni di classe. L'ordine di questi posti è una testimonianza di ciò che ognuno di Voi ha già fatto; esso è manifestato qui pubblicamente e poi a stampa.
Più solenne è la lode di quelli che si sono particolarmente segnalati tra i loro compagni, della quale attendete compenso e premio dalle mani di Sua Eccellenza il Signor Commissario Generale. Ricevetelo come un segno di soddisfazione per ciò che avete fatto finora, e ancor più come un incoraggiamento per il Vostro contegno futuro, – come un onore che Vi è concesso, ma ancor più come una nuova richiesta del Vostro maggiore sforzo, come un diritto superiore che i Vostri genitori, i Vostri maestri, la Patria e l'Autorità Suprema hanno acquisito su di Voi.
1Non
occorre attendere lo stato sociale keynesiano perché lo Stato
moderno si preoccupi dell'istruzione. Lo hanno fatto i despoti
illuminati, i rivoluzionari francesi, i riformatori europei che
hanno operato su impulso di questa. La decadenza della scuola
pubblica provoca infatti disgregazione sociale.
2Hegel
sta parlando alla fine del primo anno dall'entrata in vigore della
riforma della scuola. La riforma è stata opportuna innanzitutto
perché c'era una forte attesa di cambiamento.
3Se
il cambiamento si verifica dopo una lunga stabilità, il nuovo non
può che apparire esso stesso stabile; se si verifica dopo
cambiamenti recenti, appare caduco come ciò che lo ha preceduto,
quindi come privo di credibilità; ed è già fallito prima di
iniziare. Nella scuola italiana le riforme si sono verificate ad
ogni cambio di governo: questa rincorsa, a prescindere dal
contenuto, è stata già da sola distruttiva dell'istituzione.
Invero, il fallimento di ogni riforma non
era sgradito, perché
lo si poteva imputare alla scuola pubblica in quanto tale, per
suscitare la genesi della domanda di istruzione privata. Il
fallimento, programmato a freddo, di ogni riforma ha ricevuto il
nome nobilitante di esperimento.
Oggi più che mai l'esperimento, dunque il fallimento didattico, è
il merito principale per cui un docente può essere incentivato.
Nulla di più folle: come l'esperimento biologico implica una cavia,
ossia sacrifica una vita per la dimostrazione di un'ipotesi, così
l'esperimento didattico sacrifica l'istruzione di chi ne è oggetto,
ma, a differenza di quello, questo non dimostra nulla, vanifica
soltanto l'istituzione pubblica.
4Il
senso di ogni riforma è il miglioramento, ossia estendere un bene
già presente. Una riforma che cerca la sua legittimazione
diffamando il bene già presente non può portare che a distruggerlo
senza poterlo sostituire con altro, non può che portare alla
decadenza. In Italia c'è un solo dubbio: in che misura i
distruttori della scuola pubblica (ministri, amministratori,
pedagogisti, sindacalisti) abbiano voluto
ciò che hanno fatto,
se abbiano agito per presuntuosa ignoranza o per intenzione maligna.
5Ossia
l'istituto ginnasiale è al suo primo anno; raccontare la storia di
questo suo primo anno è come raccontare l'inizio dell'istituto.
6Hegel
non vuole disperdersi in una relazione sulle minuzie, vuole parlare
del senso
dell'istituto ginnasiale e degli studi classici.
7Hegel
non è uno storicista. Se nell'ambito politico pensa che
l'architettura dello Stato moderno, costruita sul concetto cristiano
di libertà, sia una novità assoluta rispetto al mondo classico,
che, per quanto più lucido nella consapevolezza dei rapporti etici,
resta limitato a un'eticità elementare, senza differenza tra
pubblico e privato, nell'ambito dell'estetica
non crede a un progresso dell'arte – come si vedrà sotto, egli
considera l'arte greca il modello estetico eterno –, nell'ambito
della filosofia
crede al suo progresso solo nel senso della particolarizzazione, su
impulso delle scienze empiriche, dei concetti già elaborati dai
pensatori greci – un progresso in cui le basi restano ferme e sono
applicate a sempre nuovi campi.
8L'eredità
del passato contiene sempre elementi invecchiati; ma eliminarla
significa scivolare nella situazione degli inizi barbarici.
L'eredità del passato, la tradizione, deve essere mutata, ossia,
come è contenuto nel doppio significato dell'Aufheben,
negata e conservata.
9Un
tempo il latino era considerato la totalità del sapere; gli alunni
potevano acquisire altre conoscenze solo se queste erano incorporate
in quello; le altre conoscenze erano disprezzate come banausiche.
10Non
solo Hegel riconosce come giustificate le critiche precedenti, ne
aggiunge una che sente molto importante: ogni popolo ha diritto a
esprimere la scienza nella propria lingua, perché una lingua non è
uno strumento esterno per pensieri già pronti, ma è un insieme di
forme in cui un pensiero oggettivo già sedimentato fa da base e
illumina il pensiero soggettivo.
11Oggi
si chiamano ‘compiti autentici’.
12La
riforma di cui parla Hegel arricchisce l'istruzione elementare.
13Si
tratta del Realinstitut,
in cui si rinuncia alle lingue classiche, ma non alle conoscenze
teoriche.
14Ossia
che si continui a polemizzare contro lo studio classico perché nel
mondo moderno si devono studiare cose moderne.
15Separarsi
significa acquisire individualità; ma l'individualità non è
astratta, è un'organizzazione che non solo articola
l'organizzazione superiore, ma si articola, si differenzia. Poiché
ogni specializzazione si organizza in differenze, non occorre aver
timore che la specializzazione nello studio classico porti a un
impoverimento; anzi, voler restare nella varietà significa
condannarsi alla superficialità. – Questo va contro la tendenza
alla varietà dell'offerta
formativa su cui ogni riforma ha insistito e che in effetti ha
portato alla più squallida ignoranza.
16Come
i Greci studiavano Omero, come nel Trecento si studiava Dante, così
oggi occorre che la scuola faccia studiare le canzoni di De André.
Come i bambini medievali amavano le fiabe con i principi e le
principesse, così i bambini moderni amano non le fiabe belle, ma
quelle che parlano di auto e computer. Questo è il principio di
contemporaneità che deturpa la compilazione di gran parte degli
odierni testi scolastici e l'organizzazione di molta didattica.
17L'educazione
non deve lasciare il discente com'è, deve procurarne non tanto la
crescita in un senso astratto o quantitativo, ma il miglioramento,
cioè il germogliare del gusto e del pensiero oggettivo. È dunque
indispensabile che la didattica proponga uno sforzo sull'eccellente,
anziché l'avvoltolarsi nel fango del volgare.
18Il
contenuto dell'esercitazione non deve entrare in contrasto con la
forma. Le competenze superiori hanno bisogno di un contenuto
superiore, affinché si educhi non alla supponenza e allo
scetticismo ma alla consapevolezza dei principi.
19Il
raggiungimento dell'eccellente implica la fatica dell'apprendimento
del linguaggio in cui è espresso, perché una traduzione è una
forma autonoma rispetto all'originale, un'eco nella diversa lingua
che non può sostituirlo. La lingua classica rende evidente ciò che
altrimenti resterebbe solo implicito: non si può godere Omero, se
non si padroneggia il greco; ma è altrettanto vero che non si può
godere Montale se non si padroneggia l'italiano, né si padroneggia
l'italiano senza latino. La cultura è difficile sia dove appare
tale, sia dove appare semplice.
20‘In
apparenza’ perché, come Hegel spiegherà più sotto,
l'apprendimento della lingua è il momento dell'estraniazione
necessario alla realizzazione dello spirito.
21Entra
qui in gioco il concetto hegeliano di progresso, che non ha un
significato indeterminato, quantitativo, ma coincide con il cuore
del metodo, con la negazione
determinata. Il
progresso è il falsificarsi dell'immediato, che però non termina
nel nulla, ma in qualcosa di determinato. Progredire significa
dunque, non aggiungere un nuovo elemento all'elemento preesistente,
ma porre il significato positivo della negazione di ciò da cui si
progredisce.
22La
conoscenza consiste nell'estraniarsi nell'oggetto, cioè nel negare
sé, e nell'elaborarlo, cioè nel negare la sua estraneità in modo
da scoprire se stessi in esso; solo in questa elaborazione che
presuppone una estraniazione si verifica un progresso.
23Senza
estraniazione, senza l'oggetto sentito nella sua totale
indipendenza, non ci può essere elaborazione, cioè ritorno in sé,
non ci può essere maturità spirituale.
24La
necessità di apprendere la lingua è dura solo in apparenza, perché
la natura ha provvisto l'uomo della passione per la lontananza,
perché il suo spirito non è altro che un recuperarsi dalla
dispersione nella lontananza.
25La
conoscenza, lo stesso imparare è un superare il disagio
dell'estraniazione, detto in altri termini è il venire a capo di
una situazione problematica. Senza l'esperienza della difficoltà
non c'è apprendimento, non c'è spirito.
26Lo
spirito non è una realtà prima, originaria, è il ritorno in sé
dall'essere altro; la meccanicità all'inizio dello studio non è
una necessità esterna, casuale, è una necessità inscritta nella
natura di mediazione assoluta dello spirito.
27È
propria della gioventù la tendenza verso il semplice, quindi
l'incapacità di abbracciare la ricchezza della verità.
28La
grammatica è il primo passo verso la logica. Essa non solo contiene
le categorie come tutto il resto, ma le formula nel loro isolamento,
e tuttavia le rappresenta in modo meno astratto che nelle logica
vera e propria, quindi più vicino alla rappresentazione. Così,
attraverso la grammatica, la mente diventa capace non solo di
pensare logicamente, ma di riflettere sulle determinazioni di
pensiero, cioè di focalizzare gli universali da cui dipende il
pensiero.
29La
capacità di cogliere l'astratto in quanto tale e di muoversi
all'interno delle astrazioni non è soltanto uno strumento di
conoscenza del concreto, è un fine in sé e per sé. Nei
riferimenti astratti è contenuta la trama logica che costituisce la
prima forma di esposizione della verità.
30È
l'allergia per l'astratto di cui è sempre stata preda una parte
consistente della pedagogia.
31Mentre
l'intelletto
è la trama degli universali, delle leggi, delle regole costanti
delle cose, la ragione
è la corrispondenza tra universale e particolare, dunque a) il
sussumere e b) il particolarizzare. L'attività di traduzione, in
quanto applicazione intelligente al contesto particolare delle
regole generali è tra le forme più pedagogicamente feconde di
attività razionale.
32La
complicità del sindacato con la distruzione della scuola pubblica
italiana si è tradita nel suo limitare le lamentele alla mancanza
di risorse. La scuola ha bisogno delle Muse, che non hanno grandi
bisogni; anzi l'abbondanza dei mezzi evoca il nemico mortale
dell'apprendimento: la distrazione. Ovviamente, questo non
giustifica in alcun modo il vergognoso abbandono del patrimonio
pubblico all'incuria e all'elemento naturale.
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