Il referendum inglese sull'UE rappresenta un punto di svolta, che non poteva non generare un dibattito sostenuto. Abbiamo cercato di documentarlo in questi giorni sul blog. È probabile che il prossimo futuro ci riservi altri mutamenti politici significativi (la decisione di ripetere il ballottaggio per le elezioni presidenziali austriache va in questa direzione). In un momento simile si può forse provare a fare il punto di quanto fin qui elaborato, per capire se le ipotesi che ci hanno mosso finora hanno retto al confronto con la realtà.
Da quando Fabrizio ed io abbiamo cominciato ad occuparci di questi temi, cinque anni fa (“Liberiamoci dall'euro” uscì appunto nel luglio 2011) abbiamo elaborato alcune convinzioni, disseminate in vari scritti, che si possono sintetizzare come segue:
1) Euro e
UE sono la forma particolare assunta sul nostro continente dalle
politiche neoliberiste. Sono il modo in cui i ceti dirigenti europei
hanno cercato, finora riuscendoci, di realizzare le politiche
neoliberiste di attacco ai ceti subalterni. Tali politiche sono
connaturate al modo come euro e UE sono state costruite, e non
possono essere contrastate se non con lo smantellamento di euro e UE.
L'Unione Europea si abbatte e non si cambia.
2) Le politiche neoliberiste targate UE portano alla distruzione di tutte le conquiste ottenute dai ceti subalterni europei nel trentennio seguito alla fine della seconda guerra mondiale.
3) Questa distruzione, questo feroce attacco ai redditi, ai diritti, alla vita dei ceti subalterni non può che suscitare reazioni di contrasto e di rifiuto.
4) Per contenere queste reazioni i ceti dirigenti devono ridurre gli spazi della democrazia.
5) Queste dinamiche aprono un grande spazio di azione politica ad una forza anticapitalistica che cerchi di difendere diritti e redditi dei ceti subalterni, e assieme ad essi la democrazia, introducendo elementi di rottura con l'attuale organizzazione sociale. Una tale forza politica dovrà avere il rifiuto di euro e UE come elemento caratterizzante.
6) In mancanza di forze politiche antisistemiche che si pongano su questo piano, la reazione anti-euro e anti-UE verrà egemonizzata da forze reazionarie che non si pongono realmente su un piano antisistemico.
2) Le politiche neoliberiste targate UE portano alla distruzione di tutte le conquiste ottenute dai ceti subalterni europei nel trentennio seguito alla fine della seconda guerra mondiale.
3) Questa distruzione, questo feroce attacco ai redditi, ai diritti, alla vita dei ceti subalterni non può che suscitare reazioni di contrasto e di rifiuto.
4) Per contenere queste reazioni i ceti dirigenti devono ridurre gli spazi della democrazia.
5) Queste dinamiche aprono un grande spazio di azione politica ad una forza anticapitalistica che cerchi di difendere diritti e redditi dei ceti subalterni, e assieme ad essi la democrazia, introducendo elementi di rottura con l'attuale organizzazione sociale. Una tale forza politica dovrà avere il rifiuto di euro e UE come elemento caratterizzante.
6) In mancanza di forze politiche antisistemiche che si pongano su questo piano, la reazione anti-euro e anti-UE verrà egemonizzata da forze reazionarie che non si pongono realmente su un piano antisistemico.
Questi
punti fondamentali ci sembrano confermati da tutte le vicende
recenti, dalla Grecia all'Austria all'Inghilterra. Purtroppo, la
possibilità che abbiamo indicato al punto 5) è rimasta tale: non è
sorta una autentica forza politica antisistemica. In questo modo si è
realizzata la previsione di cui al punto 6): ormai lo spazio politico
della lotta contro euro/UE è stato occupato da forze politiche di
destra che non esprimono convincenti posizioni antisistemiche, e anzi
spesso esprimono posizioni liberiste (e magari razziste). Le forze
anticapitalistiche hanno perso un'occasione storica, dimostrando la
propria essenziale inutilità. Naturalmente, sappiamo bene che non
tutti sono uguali, e che nell'ambito dell'estrema sinistra alcuni
hanno espresso posizioni molto sensate, come abbiamo documentato nel
nostro blog: ci basti qui citare il gruppo di “Sollevazione”;
quello di “Contropiano”, singole personalità come Giorgio
Cremaschi, Ugo Boghetta, Mimmo Porcaro.
Il fatto che, nonostante tutti gli sforzi e tutta l'intelligenza profusa dalle persone e organizzazioni appena nominate, i risultati pratici siano pressoché nulli, è indice di come simili posizioni siano in sostanza irricevibili, nell'ambiente della sinistra più o meno radicale. Non si tratta a mio avviso di semplici errori di analisi, ma della natura più profonda di un intero ambiente politico e culturale, che si ammanta di radicalità ma in sostanza trae la propria ragion d'essere non da una autentica spinta al mutamento sociale ma da meccanismi di riconoscimento identitario e tribale.
Il fatto che, nonostante tutti gli sforzi e tutta l'intelligenza profusa dalle persone e organizzazioni appena nominate, i risultati pratici siano pressoché nulli, è indice di come simili posizioni siano in sostanza irricevibili, nell'ambiente della sinistra più o meno radicale. Non si tratta a mio avviso di semplici errori di analisi, ma della natura più profonda di un intero ambiente politico e culturale, che si ammanta di radicalità ma in sostanza trae la propria ragion d'essere non da una autentica spinta al mutamento sociale ma da meccanismi di riconoscimento identitario e tribale.
Comunque
sia, ormai il danno è fatto ed è sostanzialmente irrimediabile. La
battaglia politica più importante dell'immediato futuro, in
relazione a euro/UE, è rappresentata dalle elezioni presidenziali
francesi, e la sfida, con ogni probabilità, sarà fra un esponente
dell'establishment e Marine Le Pen. La sinistra antisistemica, come
sempre, potrà solo scegliere fra andare in aiuto all'establishment
(in nome di antifascismo antirazzismo ecc.ecc.), oppure stare alla
finestra a guardare Marine Le Pen combattere la battaglia che avrebbe
dovuto essere la sua.
2.Rabbiosi difensori del nulla
2.Rabbiosi difensori del nulla
Aggiungo
due parole a proposito dello spettacolo dell'intellighentzia di
sinistra che sputa rabbia sul popolo inglese che osa votare “Leave”.
Non voglio insistere sul senso di disgusto generato dai tanti
articoli razzisti e offensivi che mi è capitato di leggere. Su
questo hanno detto le cose essenziali Giannuli e Erspamer.
Vorrei
fare un'altra considerazione. Non sono per principio contrario alle
élite, quindi non ho problemi a pensare che un intellettuale,
ancorché di sinistra, si senta parte di una élite distaccata dal
popolo. Il vero problema è quale idea di futuro hanno in mente le
élite, e come pensano ragionevolmente di arrivarci. Detto
altrimenti, il punto è se le élite hanno un progetto di società
che consenta a tutti di vivere una vita decente, di realizzarsi come
esseri umani, o quantomeno un progetto di società che preveda un
movimento di allargamento delle possibilità di una vita decente. Qual
è allora l'idea di società futura che hanno in mente gli
intellettuali che hanno criticato il popolo inglese per aver osato
votare “Leave”? In nome di cosa il popolo inglese avrebbe dovuto
invece fare quello che intimavano le oligarchie europee? Hanno,
queste oligarchie e gli intellettuali mainstream, un'idea di come
uscire dalla crisi economica? Visti i risultati, sembra di no. Hanno
un'idea di come provvedere all'incombente crisi ecologica, della
quale il cambiamento climatico è probabilmente solo il primo passo?
Anche qui, visti i risultati, si direbbe di no. Hanno mai fatto
qualcosa per combattere la crescita delle ineguaglianze, denunciata
come un pericolo per la tenuta delle nostre società da intellettuali
non certo bolscevichi come il premio Nobel per l'economia J.Stiglitz?
Anche qui, la risposta è facile. Queste oligarchie, assieme alla
loro corte di intellettuali di destra e di sinistra, non hanno in
realtà nessun progetto, nessuna idea di futuro. Non si rendono
nemmeno conto della crisi incipiente della nostra civiltà, perché
essi (oligarchi e intellettuali da salotto) sono al momento ben
protetti, grazie al loro potere e al loro denaro. La reazione degli
intellettuali di regime (di destra e di sinistra, ma in questo caso
soprattutto di sinistra) contro il popolo inglese è in definitiva
tanto più disgustosa quanto più evidente appare come essa si basi
sulla sostanziale accettazione di una organizzazione sociale che non
ha un futuro e che ci può portare solo ad una crisi di civiltà, le
cui avvisaglie sono già piuttosto evidenti. Rabbiosi difensori del
nulla, verranno ricordati solo come esempi di servilismo,
superficialità, corruzione intellettuale.
(Marino Badiale)
Questo articolo è pubblicato anche sul "Appello al popolo": http://www.appelloalpopolo.it/?p=16119
(Marino Badiale)
Questo articolo è pubblicato anche sul "Appello al popolo": http://www.appelloalpopolo.it/?p=16119
Scusi Badiale, ma non sarà che essere razzisti è tanto "antisistemico" quanto l'essere anticapitalisti?
RispondiEliminaPer il resto il regime non crollerà senza una guerra mondiale; dopo sarà tutto diverso.
There are more things in heaven and earth, Horatio...