Cinque anni fa, il 31 luglio 2011 a Pisa, dopo breve malattia, ci lasciava il nostro grande amico Massimo Bontempelli. Storico e filosofo insigne, era nato ivi nel 1946 e nella città toscana si era laureato in Filosofia del Diritto. Aveva insegnato Storia e Filosofia nel locale Liceo classico "Galilei" e aveva coniugato l'attività di docente con una ampia ed articolata produzione storico-filosofica. Dopo gli iniziali interessi per la Storia antica e la dialettica platonica e neoplatonica, aveva concentrato la sua attenzione sulla lettura ed interpretazione del pensiero hegeliano, sui problemi del rapporto tra nichilismo, verità e storia, sulla rilettura in chiave critica della storia del XX secolo e molto altro ancora. Aveva compilato, insieme all'amico e collega Fabio Bentivoglio, un importante manuale per i Licei, Il senso dell'Essere nelle culture occidentali, Trevisini, Milano, in cui il carattere veritativo della conoscenza filosofica veniva coniugato col divenire del tempo storico e garantito dal relativismo mediante la fondazione di un orizzonte trascendentale logico-ontologico. Opera ripresa ed ampliata nel successivo "Il Tempo della Filosofia", sempre in collaborazione con Bentivoglio, dapprima per i tipi dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli, ora riedita da Vivarium. Con E.Bruni scrisse un altrettanto importante manuale di Storia per i Licei, sempre edito da Trevisini, Storia e Coscienza storica, basato sull'applicazione della storicità marxiana dei modi di produzione come metodologia storiografica. Sviluppo e approfondimento del testo scolastico sulle tematiche storiografiche del XX secolo è il fondamentale "Il Respiro del Novecento", CRT, Pistoia, 2002 in cui il periodo cruciale delle due guerre mondiali e dei grandi totalitarismi è trattato con insuperata profondità scientifica e speculativa. Né va dimenticato, seppure in una breve nota commemorativa come questa, l'impegno politico e ideologico di Bontempelli sul duplice versante della critica, lucida e impietosa, delle riforme scolastiche e dell'involuzione sempre più grave della Sinistra storica, scivolata nel gorgo dell'integrazione subalterna all'odierno capitalismo assoluto. Fondamentali risultano in proposito i testi sulle "innovazioni distruttive" denominate riforme (L'agonia della Scuola italiana, CRT, Pistoia, 2000) e il recentemente edito per i tipi dell'editrice Indipendenza, Capitalismo globalizzato e Scuola, 2016 (in collaborazione con F.Bentivoglio) e Il Mistero della Sinistra, Graphos, Genova, 2005, in collaborazione con Marino Badiale (ma anche Le Sinistre nel capitalismo globalizzato,CRT,2001). In questi testi, indispensabili come tutti gli altri citati, se si vogliono comprendere autenticamente i tratti dell'epoca presente e "die geistige Situation der Zeit"(la situazione spirituale del tempo) ,come avrebbe detto Jaspers, Bontempelli analizza la perdita da parte della Sinistra, iniziata già a partire dagli anni Ottanta, di ogni valenza emancipatrice del lavoro e dei ceti socialmente svantaggiati occultata "sotto la veste di un'accettazione realistica dei compiti di modernizzazione". In realtà "la mitologia modernizzatrice cui la Sinistra comincia ad appigliarsi già dagli anni Ottanta rappresenta un'indegna mistificazione poiché le innovazioni presentate come necessarie allo sviluppo servono solo a togliere protezioni e diritti al lavoro, e servono allo sviluppo solo in quanto si voglia come unico sviluppo possibile quello di un'accumulazione basata sulla compressione dei costi del lavoro." Parole profetiche, soprattutto oggi in vista della grande offensiva del Potere contro l'ultimo baluardo rappresentato dalla Costituzione dei fondamenti dello stato sociale. Impossibile dar conto in una sintetica ma doverosa e sentita commemorazione come questa della importanza dell'opera di Massimo Bontempelli, un pensatore originale e profondo il cui spessore non è certamente inferiore a quello di un Croce, di un Gramsci, di un Adorno e la cui vivida intelligenza ed appassionata tensione civile tanto ci mancano in un momento così fosco e difficile della storia tormentata del nostro Paese. Grazie, Massimo! Nello De Bellis
domenica 31 luglio 2016
Cinque anni senza Massimo
(Cinque anni fa ci ha lasciati Massimo Bontempelli. Lo ricordo con questo breve scritto dell'amico Nello De Bellis. MB)
martedì 19 luglio 2016
Una discussione sulla decrescita
Alcuni brevi interventi, miei e di Giovanni Mazzetti, sulla decrescita:
http://www.proversi.it/multimedia/dettaglio/30
Ringrazio lo staff di ProVersi per questa opportunità.
http://www.proversi.it/multimedia/dettaglio/30
Ringrazio lo staff di ProVersi per questa opportunità.
domenica 17 luglio 2016
martedì 12 luglio 2016
Un'analisi di Mimmo Porcaro
Convincente come sempre:
http://www.socialismo2017.it/2016/07/12/che-roba-contessa-brexit-e-dintorni/#more-281
Trovo geniale la citazione da "Contessa" di Pietrangeli: fa capire con palmare evidenza il percorso della sinistra, che prima derideva "contesse" e affini e ora si è ad esse tranquillamente sostituita nell'odio contro "quei quattro ignoranti", colpevoli di scioperare (all'epoca) o di votare "Leave".
http://www.socialismo2017.it/2016/07/12/che-roba-contessa-brexit-e-dintorni/#more-281
Trovo geniale la citazione da "Contessa" di Pietrangeli: fa capire con palmare evidenza il percorso della sinistra, che prima derideva "contesse" e affini e ora si è ad esse tranquillamente sostituita nell'odio contro "quei quattro ignoranti", colpevoli di scioperare (all'epoca) o di votare "Leave".
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lunedì 11 luglio 2016
domenica 10 luglio 2016
martedì 5 luglio 2016
Considerazioni a partire da Brexit
1.Breve riassunto
Il referendum inglese sull'UE rappresenta un punto di svolta, che non poteva non generare un dibattito sostenuto. Abbiamo cercato di documentarlo in questi giorni sul blog. È probabile che il prossimo futuro ci riservi altri mutamenti politici significativi (la decisione di ripetere il ballottaggio per le elezioni presidenziali austriache va in questa direzione). In un momento simile si può forse provare a fare il punto di quanto fin qui elaborato, per capire se le ipotesi che ci hanno mosso finora hanno retto al confronto con la realtà.
Da quando Fabrizio ed io abbiamo cominciato ad occuparci di questi temi, cinque anni fa (“Liberiamoci dall'euro” uscì appunto nel luglio 2011) abbiamo elaborato alcune convinzioni, disseminate in vari scritti, che si possono sintetizzare come segue:
Il referendum inglese sull'UE rappresenta un punto di svolta, che non poteva non generare un dibattito sostenuto. Abbiamo cercato di documentarlo in questi giorni sul blog. È probabile che il prossimo futuro ci riservi altri mutamenti politici significativi (la decisione di ripetere il ballottaggio per le elezioni presidenziali austriache va in questa direzione). In un momento simile si può forse provare a fare il punto di quanto fin qui elaborato, per capire se le ipotesi che ci hanno mosso finora hanno retto al confronto con la realtà.
Da quando Fabrizio ed io abbiamo cominciato ad occuparci di questi temi, cinque anni fa (“Liberiamoci dall'euro” uscì appunto nel luglio 2011) abbiamo elaborato alcune convinzioni, disseminate in vari scritti, che si possono sintetizzare come segue:
1) Euro e
UE sono la forma particolare assunta sul nostro continente dalle
politiche neoliberiste. Sono il modo in cui i ceti dirigenti europei
hanno cercato, finora riuscendoci, di realizzare le politiche
neoliberiste di attacco ai ceti subalterni. Tali politiche sono
connaturate al modo come euro e UE sono state costruite, e non
possono essere contrastate se non con lo smantellamento di euro e UE.
L'Unione Europea si abbatte e non si cambia.
2) Le politiche neoliberiste targate UE portano alla distruzione di tutte le conquiste ottenute dai ceti subalterni europei nel trentennio seguito alla fine della seconda guerra mondiale.
3) Questa distruzione, questo feroce attacco ai redditi, ai diritti, alla vita dei ceti subalterni non può che suscitare reazioni di contrasto e di rifiuto.
4) Per contenere queste reazioni i ceti dirigenti devono ridurre gli spazi della democrazia.
5) Queste dinamiche aprono un grande spazio di azione politica ad una forza anticapitalistica che cerchi di difendere diritti e redditi dei ceti subalterni, e assieme ad essi la democrazia, introducendo elementi di rottura con l'attuale organizzazione sociale. Una tale forza politica dovrà avere il rifiuto di euro e UE come elemento caratterizzante.
6) In mancanza di forze politiche antisistemiche che si pongano su questo piano, la reazione anti-euro e anti-UE verrà egemonizzata da forze reazionarie che non si pongono realmente su un piano antisistemico.
2) Le politiche neoliberiste targate UE portano alla distruzione di tutte le conquiste ottenute dai ceti subalterni europei nel trentennio seguito alla fine della seconda guerra mondiale.
3) Questa distruzione, questo feroce attacco ai redditi, ai diritti, alla vita dei ceti subalterni non può che suscitare reazioni di contrasto e di rifiuto.
4) Per contenere queste reazioni i ceti dirigenti devono ridurre gli spazi della democrazia.
5) Queste dinamiche aprono un grande spazio di azione politica ad una forza anticapitalistica che cerchi di difendere diritti e redditi dei ceti subalterni, e assieme ad essi la democrazia, introducendo elementi di rottura con l'attuale organizzazione sociale. Una tale forza politica dovrà avere il rifiuto di euro e UE come elemento caratterizzante.
6) In mancanza di forze politiche antisistemiche che si pongano su questo piano, la reazione anti-euro e anti-UE verrà egemonizzata da forze reazionarie che non si pongono realmente su un piano antisistemico.
Questi
punti fondamentali ci sembrano confermati da tutte le vicende
recenti, dalla Grecia all'Austria all'Inghilterra. Purtroppo, la
possibilità che abbiamo indicato al punto 5) è rimasta tale: non è
sorta una autentica forza politica antisistemica. In questo modo si è
realizzata la previsione di cui al punto 6): ormai lo spazio politico
della lotta contro euro/UE è stato occupato da forze politiche di
destra che non esprimono convincenti posizioni antisistemiche, e anzi
spesso esprimono posizioni liberiste (e magari razziste). Le forze
anticapitalistiche hanno perso un'occasione storica, dimostrando la
propria essenziale inutilità. Naturalmente, sappiamo bene che non
tutti sono uguali, e che nell'ambito dell'estrema sinistra alcuni
hanno espresso posizioni molto sensate, come abbiamo documentato nel
nostro blog: ci basti qui citare il gruppo di “Sollevazione”;
quello di “Contropiano”, singole personalità come Giorgio
Cremaschi, Ugo Boghetta, Mimmo Porcaro.
Il fatto che, nonostante tutti gli sforzi e tutta l'intelligenza profusa dalle persone e organizzazioni appena nominate, i risultati pratici siano pressoché nulli, è indice di come simili posizioni siano in sostanza irricevibili, nell'ambiente della sinistra più o meno radicale. Non si tratta a mio avviso di semplici errori di analisi, ma della natura più profonda di un intero ambiente politico e culturale, che si ammanta di radicalità ma in sostanza trae la propria ragion d'essere non da una autentica spinta al mutamento sociale ma da meccanismi di riconoscimento identitario e tribale.
Il fatto che, nonostante tutti gli sforzi e tutta l'intelligenza profusa dalle persone e organizzazioni appena nominate, i risultati pratici siano pressoché nulli, è indice di come simili posizioni siano in sostanza irricevibili, nell'ambiente della sinistra più o meno radicale. Non si tratta a mio avviso di semplici errori di analisi, ma della natura più profonda di un intero ambiente politico e culturale, che si ammanta di radicalità ma in sostanza trae la propria ragion d'essere non da una autentica spinta al mutamento sociale ma da meccanismi di riconoscimento identitario e tribale.
Comunque
sia, ormai il danno è fatto ed è sostanzialmente irrimediabile. La
battaglia politica più importante dell'immediato futuro, in
relazione a euro/UE, è rappresentata dalle elezioni presidenziali
francesi, e la sfida, con ogni probabilità, sarà fra un esponente
dell'establishment e Marine Le Pen. La sinistra antisistemica, come
sempre, potrà solo scegliere fra andare in aiuto all'establishment
(in nome di antifascismo antirazzismo ecc.ecc.), oppure stare alla
finestra a guardare Marine Le Pen combattere la battaglia che avrebbe
dovuto essere la sua.
2.Rabbiosi difensori del nulla
2.Rabbiosi difensori del nulla
Aggiungo
due parole a proposito dello spettacolo dell'intellighentzia di
sinistra che sputa rabbia sul popolo inglese che osa votare “Leave”.
Non voglio insistere sul senso di disgusto generato dai tanti
articoli razzisti e offensivi che mi è capitato di leggere. Su
questo hanno detto le cose essenziali Giannuli e Erspamer.
Vorrei
fare un'altra considerazione. Non sono per principio contrario alle
élite, quindi non ho problemi a pensare che un intellettuale,
ancorché di sinistra, si senta parte di una élite distaccata dal
popolo. Il vero problema è quale idea di futuro hanno in mente le
élite, e come pensano ragionevolmente di arrivarci. Detto
altrimenti, il punto è se le élite hanno un progetto di società
che consenta a tutti di vivere una vita decente, di realizzarsi come
esseri umani, o quantomeno un progetto di società che preveda un
movimento di allargamento delle possibilità di una vita decente. Qual
è allora l'idea di società futura che hanno in mente gli
intellettuali che hanno criticato il popolo inglese per aver osato
votare “Leave”? In nome di cosa il popolo inglese avrebbe dovuto
invece fare quello che intimavano le oligarchie europee? Hanno,
queste oligarchie e gli intellettuali mainstream, un'idea di come
uscire dalla crisi economica? Visti i risultati, sembra di no. Hanno
un'idea di come provvedere all'incombente crisi ecologica, della
quale il cambiamento climatico è probabilmente solo il primo passo?
Anche qui, visti i risultati, si direbbe di no. Hanno mai fatto
qualcosa per combattere la crescita delle ineguaglianze, denunciata
come un pericolo per la tenuta delle nostre società da intellettuali
non certo bolscevichi come il premio Nobel per l'economia J.Stiglitz?
Anche qui, la risposta è facile. Queste oligarchie, assieme alla
loro corte di intellettuali di destra e di sinistra, non hanno in
realtà nessun progetto, nessuna idea di futuro. Non si rendono
nemmeno conto della crisi incipiente della nostra civiltà, perché
essi (oligarchi e intellettuali da salotto) sono al momento ben
protetti, grazie al loro potere e al loro denaro. La reazione degli
intellettuali di regime (di destra e di sinistra, ma in questo caso
soprattutto di sinistra) contro il popolo inglese è in definitiva
tanto più disgustosa quanto più evidente appare come essa si basi
sulla sostanziale accettazione di una organizzazione sociale che non
ha un futuro e che ci può portare solo ad una crisi di civiltà, le
cui avvisaglie sono già piuttosto evidenti. Rabbiosi difensori del
nulla, verranno ricordati solo come esempi di servilismo,
superficialità, corruzione intellettuale.
(Marino Badiale)
Questo articolo è pubblicato anche sul "Appello al popolo": http://www.appelloalpopolo.it/?p=16119
(Marino Badiale)
Questo articolo è pubblicato anche sul "Appello al popolo": http://www.appelloalpopolo.it/?p=16119
domenica 3 luglio 2016
Miseria dell'europeismo (P.Di Remigio)
(Riceviamo da Paolo Di Remigio e volentieri pubblichiamo questo testo, già apparso su "Appello al popolo" M.B.)
MISERIA
DELL'EUROPEISMO
Mentre
l'estremismo islamico dispone i suoi adepti a sfidare la morte, gli
eroi del sogno europeo sfidano in questi giorni non solo la realtà,
ma perfino il ridicolo. L'europeismo è la più giovane delle
ideologie. Come tutte le ideologie, esso è un modo per santificare
con l'aureola dell'universalità interessi particolari. Ideologia
è infatti una visione che non sa staccarsi dallo spirito fazioso,
che afferma come bene un'esigenza opposta a un'altra
esigenza da annullare come male. Questo bene affermato
dall'ideologia è così la contraddizione di essere tutta la vera
realtà e di non esserlo, ma di avere il residuo del male al
di là di sé, di essere assoluto e di essere relativo.
L'ideologia risolve questa contraddizione evitando di conoscere
l'esigenza che smentisce la sua universalità e attribuendole a
priori le idee contrarie alle proprie. Le sfugge così la
risposta razionale alla contraddizione, che il bene va concepito non
come innocenza prima della caduta, ma come virtù che conosce il male
e la nullità del male; e le resta preclusa la filosofia, il
pensiero fedele al logos eracliteo, che organizza il quadro in
cui gli opposti armonizzano in una compatibilità sensata, la cui
universalità non è omogeneità, ma sistema.
L'ideologia
si presta a diventare un'arma nel contrasto sociale perché nega il
diritto del differente. Il socialismo nega il diritto del talento
particolare, il liberalismo nega il diritto dell'uguaglianza;
entrambi sfuggono al compito di organizzare la compatibilità
dell'uguaglianza con il talento, di far confluire l'égalité
e la liberté nella fraternité. Rispetto al socialismo
e al liberalismo, che hanno qualcosa di sublime in quanto l'esigenza
che fanno valere con troppa esclusività è comunque elemento
necessario di ogni società, l'europeismo si presenta subito come un
misero aborto; gli manca infatti quella minima coerenza, vanto di
ogni ideologia, con cui può acquisire la maschera della razionalità:
esso si presenta da subito come la contraddizione di negare le
frontiere spacciandole per un rudimento arcaico e di affermarle
contro Stati sentiti come pericolosi rivali (la Cina, l'India ecc.),
di essere cioè cosmopolita quando ha in mente le nazioni europee, di
dimenticare il cosmopolitismo e abbracciare il nazionalismo
quando ha in mente Stati extra-europei. Prima ancora che un'ideologia
l'europeismo è uno stato di ebbrezza.
Essendo
però ideologia, il sogno europeo deve opporsi a un male, deve negare
il diritto di una realtà all'esistenza: l'europeismo nega il diritto
dello Stato sovrano. In questo negare conserva il sentimento di
essere nel bene e di rimanere nell'universalità, perché crede di
negare non una realtà prima, un bene, ma soltanto un male, una
negazione. Gli Stati sono infatti totalità esclusive; come
totalità essi sono negativi in quanto restringono l'arbitrio
degli individui – in questa critica l'europeismo è identico al
liberalismo –, come esclusivi gli Stati sono negativi in
quanto sono conflittuali – qui inclina al pacifismo. Così però
l'europeismo fa propri gli errori del liberalismo e del pacifismo.
Come il liberalismo, trascura che l'individuo presuppone la
protezione della personalità e della proprietà, che la protezione
implica obbedienza nei confronti di chi protegge, che dunque la
libertà in senso pregnante, anziché arbitrio nell'ambito
privato, è propriamente una forma di obbedienza, l'obbedienza
dell'individuo alle leggi dello Stato in quanto le riconosce giuste.
Quando poi gli imputa la guerra, l'europeismo commette lo stesso
errore del pacifismo: non solo dimentica che la guerra è una
delle forme della violenza, soppressa la quale resta la violenza in
generale che può contenere forme ancora più orribili, ma
soprattutto nega alla guerra ogni valore morale uguagliando
scioccamente il soldato all'assassino, cioè presuppone la guerra
come il male assoluto, dimenticando che ogni collettività può
garantirsi la libertà e garantirla agli individui, solo se è capace
di difenderli, e che più orribile della guerra è l'asservimento;
il rifiuto della guerra spinto fino al pacifismo fanatico che nega
allo schiavo il diritto alla ribellione è disprezzo della dignità
dell'uomo non meno del culto della violenza: se questo riduce l'uomo
alla sua pura biologia, il pacifista, con una riduzione simile,
subordina la libertà alla nuda vita.
Lo
Stato afferma la sua sovranità, cioè la sua libertà e quella dei
cittadini che ne deriva, elevando muri e difendendoli; dunque limita
il diritto di entrare nel suo territorio e di uscirne.
L'universalismo europeista desidera il bene e lo concepisce come
estensione dei diritti; dunque esige l'abbattimento dei muri. Poiché
desidera il bene, ma non lo pensa, all'europeismo sfugge che ogni
diritto è un effetto dello Stato sovrano e svanisce con
l'indebolirsi del potere statale, che, in altri termini, la libertà
dell'individuo è annullata non soltanto dallo Stato tirannico, ma in
modo ancora più profondo dal venir meno dello Stato; infatti un
diritto non è una beneficenza privata, ma è reale solo se può
essere posto il corrispondente dovere, se dunque è effettiva la
legalità. Così, estendere diritti è sempre anche estensione dei
doveri: l'attuazione del diritto all'immigrazione, l'attuazione del
diritto del capitale a spostarsi ovunque implicano per i lavoratori
il dovere di accettare nuovi concorrenti, quindi di rassegnarsi a
redditi più esigui, a tempi di disoccupazione più lunghi, ad
aumenti dell'imposizione fiscale per allargare l'assistenza pubblica
o, peggio, al degrado delle sue prestazioni, in definitiva possono
comportare la disgregazione della vita sociale. È impensabile dunque
che un'estensione dei diritti possa verificarsi tramite
l'indebolimento della sovranità senza provocare effetti dirompenti.
Una
vecchia abitudine contratta nel loro lungo passato cattolico e ormai
inconsapevole spinge i popoli dell'Europa meridionale a disprezzare
la realtà etica e ad anelare al suo altro, a lasciarsi privare del
bene ingannati dalla prospettiva del meglio. L'europeismo ha saputo
sfruttare questa antica debolezza, così da suscitare sogni e
illusione nei progressisti e nei rivoluzionari, ancor più che nei
conservatori di cui serve gli interessi immediati: gli è bastato
sguazzare in un vuoto sentimentalismo parolaio che ha l'impudenza di
fare appello alla gioventù proprio mentre ne tradisce le prospettive
e la rimanda all'elemosina dei vecchi. Ne segue il paradosso che
l'europeismo è più forte proprio dove provoca più danni. Se però
la sua forza poggia ormai soprattutto sull'ingenuità, allora si può
sperare che si avvicini il momento del disinganno.
sabato 2 luglio 2016
Un nuovo blog
Segnaliamo che l'amico Andrea Pacini ha aperto questo blog, dedicato alla discussione sul referendum costituzionale
venerdì 1 luglio 2016
La stupidità non è obbligatoria
Dopo aver letto un po' delle stupidaggini di cui sono stati capaci gli intellettuali (mah..) di sinistra di fronte al Brexit, può far piacere scoprire che in quell'area c'è qualcuno capace di riflessioni un po' diverse. Per esempio questa:
http://sbilanciamoci.info/brexit-effetto-domino-sulla-ue/
http://sbilanciamoci.info/brexit-effetto-domino-sulla-ue/
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