Per il lato serio, segnaliamo questo articolo del solito Leonardo Mazzei:
http://sollevazione.blogspot.it/2016/01/banche-lattacco-tedesco-allitalia-di.html
Invece, per farsi una serena risata, segnalo l'apertura della "scuola di formazione" per i militanti PD. La prima lezione sarà tenuta da Veltroni. Il vuoto che insegna al nulla.
http://www.corriere.it/politica/16_gennaio_30/via-scuola-formazione-pd-professori-si-parte-veltroni-26cea542-c71a-11e5-b16b-305158216b61.shtml
Pagine
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sabato 30 gennaio 2016
giovedì 28 gennaio 2016
Difficile dire meglio
Segnalo questo articolo di Costas Lapavitsas, dal benemerito sito "Voci dall'estero":
http://vocidallestero.it/2016/01/26/costas-lapavitsas-un-anno-dopo-syriza-si-e-venduta-lanima-per-il-potere/
http://vocidallestero.it/2016/01/26/costas-lapavitsas-un-anno-dopo-syriza-si-e-venduta-lanima-per-il-potere/
domenica 24 gennaio 2016
Due segnalazioni
Segnalo due interventi sui problemi della banche (e della politica) in Italia, il primo di Leonardo Mazzei:
http://sollevazione.blogspot.it/2016/01/crisi-ue-il-fronte-italiano-e-ormai.html
il secondo di Aldo Giannuli
http://www.aldogiannuli.it/crisi-sistema-bancario-italia/
http://sollevazione.blogspot.it/2016/01/crisi-ue-il-fronte-italiano-e-ormai.html
il secondo di Aldo Giannuli
http://www.aldogiannuli.it/crisi-sistema-bancario-italia/
venerdì 22 gennaio 2016
Devono diventare ininfluenti
Sono nella mailing list dell'Associazione Culturale Punto Rosso, un'associazione presente in varie zone d'Italia ma attiva soprattutto a Milano. Fra le tantissime lodevoli iniziative, l'Associazione ha ristampato alcuni libri di
G.Lukács ed E.Bloch, esauriti da tempo. Nell'ultima mail ricevuta l'Associazione invita a votare Francesca Balzani alle primarie del centrosinistra per il comune di Milano. La cosa in sé non mi stupisce e non varrebbe la pena di parlarne. Mi hanno però colpito alcuni passaggi della mail:
"Debbono perciò passare in secondo piano e diventare ininfluenti i ragionamenti critici, pur legittimi, sul fatto che venga chiamato primarie lo scontro tra posizioni alternative.
Per quanto ci riguarda, come Associazione Culturale Punto Rosso, ci siamo perciò orientati a esprimere il nostro appoggio alla candidata Francesca Balzani."
I "ragionamenti critici" devono "diventare ininfluenti": è ovvio, stiamo parlando di cose serie (elezioni, assessorati, finanziamenti), mica di filosofia. In poche parole è sintetizzato più di un secolo di rapporti fra movimento operaio organizzato e riflessione culturale e filosofica. Non avrei potuto scrivere niente di più chiaro, e ringrazio l'Associazione Culturale Punto Rosso per questa mirabile sintesi. E non si preoccupino: il pensiero critico in effetti è del tutto ininfluente. Grazie a loro.
"Debbono perciò passare in secondo piano e diventare ininfluenti i ragionamenti critici, pur legittimi, sul fatto che venga chiamato primarie lo scontro tra posizioni alternative.
Per quanto ci riguarda, come Associazione Culturale Punto Rosso, ci siamo perciò orientati a esprimere il nostro appoggio alla candidata Francesca Balzani."
I "ragionamenti critici" devono "diventare ininfluenti": è ovvio, stiamo parlando di cose serie (elezioni, assessorati, finanziamenti), mica di filosofia. In poche parole è sintetizzato più di un secolo di rapporti fra movimento operaio organizzato e riflessione culturale e filosofica. Non avrei potuto scrivere niente di più chiaro, e ringrazio l'Associazione Culturale Punto Rosso per questa mirabile sintesi. E non si preoccupino: il pensiero critico in effetti è del tutto ininfluente. Grazie a loro.
giovedì 21 gennaio 2016
Ottima sintesi
Un intervento davvero raccomandabile per lucidità, chiarezza e capacità sintetica:
http://www.asimmetrie.org/opinions/lesercito-europeo-di-riserva/
Un solo commento: mentre prosegue senza sostanziali opposizioni la trasformazione del nostro paese in una semicolonia, i potenti hanno trovato nei dipendenti pubblici i nuovi nemici da mandare ad leones fra gli applausi di plebi gaudenti, assolutamente e felicemente decise a tornare ad essere "un volgo disperso/che nome non ha". Fossimo negli anni Ottanta, ci sarebbe solo da sbuffare. Dopo trent'anni di distruzione di redditi e diritti dei ceti subalterni, dovrebbe essere chiaro anche ad un bonobo mediamente dotato che l'attacco al "pubblico" è solo un passo ulteriore di tale distruzione. Ma le vittime di tutto questo applaudono lo spettacolo. Questo è un paese senza speranza.
http://www.asimmetrie.org/opinions/lesercito-europeo-di-riserva/
Un solo commento: mentre prosegue senza sostanziali opposizioni la trasformazione del nostro paese in una semicolonia, i potenti hanno trovato nei dipendenti pubblici i nuovi nemici da mandare ad leones fra gli applausi di plebi gaudenti, assolutamente e felicemente decise a tornare ad essere "un volgo disperso/che nome non ha". Fossimo negli anni Ottanta, ci sarebbe solo da sbuffare. Dopo trent'anni di distruzione di redditi e diritti dei ceti subalterni, dovrebbe essere chiaro anche ad un bonobo mediamente dotato che l'attacco al "pubblico" è solo un passo ulteriore di tale distruzione. Ma le vittime di tutto questo applaudono lo spettacolo. Questo è un paese senza speranza.
mercoledì 20 gennaio 2016
Davvero sorprendente
I tagli alla Sanità hanno come risultato il fatto che gli italiani, specie i più poveri, si curano di meno:
http://www.sivempveneto.it/vedi-tutte/30806-costi-molto-alti-gli-italiani-non-si-curano-piu-a-lanciare-lallarme-e-il-parlamento-unoo-su-sei-rinuncia-alle-terapie-colpa-dei-reparti-chiusi-dei-medici-che-mancano-e-dei-ticket-cresciuti-del-20
Davvero sorprendente. In effetti, chi poteva mai immaginarlo?
Magari non c'è nessun collegamento, ma intanto abbiamo cominciato a morire di più:
http://www.fimmgroma.org/images/stories/documenti/repubblica23dic2015.pdf
http://www.sivempveneto.it/vedi-tutte/30806-costi-molto-alti-gli-italiani-non-si-curano-piu-a-lanciare-lallarme-e-il-parlamento-unoo-su-sei-rinuncia-alle-terapie-colpa-dei-reparti-chiusi-dei-medici-che-mancano-e-dei-ticket-cresciuti-del-20
Davvero sorprendente. In effetti, chi poteva mai immaginarlo?
Magari non c'è nessun collegamento, ma intanto abbiamo cominciato a morire di più:
http://www.fimmgroma.org/images/stories/documenti/repubblica23dic2015.pdf
venerdì 15 gennaio 2016
La grande estinzione delle speranze (I parte)
(pubblico la prima parte di un testo "a tesi". Prosegue qui. M.B.)
La
grande estinzione delle speranze
Secondo
alcuni studiosi stiamo vivendo nell'epoca della “Sesta estinzione”,
una nuova grande estinzione di massa di specie animali, dopo le
grandi estinzioni che hanno segnato la storia della vita sul nostro
pianeta. Riprendo l'espressione nel titolo di questo scritto, per
indicare una nuova grande estinzione, di carattere non biologico ma
antropologico: l'estinzione delle speranze. Lo scritto intende
portare argomenti a favore di una ragionevole disperazione verso le
prospettive della civiltà umana in questa fase di “tardo
capitalismo”. Il testo è organizzato a tesi, quindi in forma
assertiva e dogmatica. Argomentare dettagliatamente i vari passaggi
avrebbe significato scrivere un libro. Nei miei futuri interventi sul
blog cercherò un po' alla volta di portare argomenti a sostegno
delle tesi qui presentate.
Tesi
1. La società capitalistica ha esaurito le sue potenzialità di
sviluppo di civiltà.
Molti di
coloro che, negli ultimi due secoli, hanno riflettuto sui caratteri
della modernità capitalistica, e in particolare molti fra i suoi
critici, sono rimasti colpiti dal suo carattere contradditorio, dal
suo essere contemporaneamente generazione di ricchezza e di povertà,
lotta di libertà e creazione di nuove servitù, rispetto
dell'umanità in nome dei diritti e violenza disumana in nome del
profitto. Su questa dialettica della società capitalistica sono
state scritte pagine celebri e sono stati condotti dibattiti
fondamentali, dei quali non possiamo dar conto qui. Mi limito,
fra le tante possibili, ad una citazione di Horkheimer: “Il
passaggio a questo modo di conduzione economica è stato un progresso
storico che ha dato avvio a un periodo di produttività e di orrore.
La storia di questo periodo contiene non solo il capitolo
dell'emancipazione degli ebrei, ma anche quello del Workhouse Test,
della repressione della Comune e del terrore dell'amministrazione
coloniale”[1], in cui è evidente come l'autore cerchi di rendere
le contraddizioni della civiltà capitalistica tramite accostamenti
stridenti (un “progresso storico” che dà avvio a “un periodo
di orrore”).
La
novità storica del nostro tempo mi sembra essere quella della fine
di tale dialettica. Il capitalismo ha smesso di essere una realtà in
cui convivono contradditoriamente progresso ed orrore, e si è
avviato, da qualche decennio, sulla strada di un pericoloso tramonto
di civiltà. Questa affermazione non vuole assolutamente significare
che sia prossima nel tempo la fine della società capitalistica. Non
siamo davvero in grado di dire se il capitalismo sia vicino al famoso
“crollo” teorizzato da tanti marxisti, o se abbia ancora un tempo
indefinitamente lungo davanti a sé. Quello che si vuol dire è che
il capitalismo ha finito di rappresentare una potenzialità
contradditoria di progresso. Se la sua storia continuerà, sarà la
storia di un progressivo imbarbarimento della società mondiale.
Tesi
2. L'attuale crisi di civiltà deriva dalla presenza simultanea di
tre crisi: ecologica, economica, geopolitica.
La
nostra organizzazione sociale, che ormai ha unificato, per la prima
volta nella storia umana, l'intero pianeta, deve fronteggiare tre
gravi crisi, nella sostanza riconosciute come tali, in un modo o
nell'altro, un po' da tutti gli osservatori: crisi ecologica, crisi
economica, crisi geopolitica. Si tratta in realtà di tre aspetti di una stessa crisi di fondo, che è utile però esaminare separatamente per
ragioni di chiarezza espositiva. La comprensione approfondita della
realtà contemporanea può venire solo da un esame di tutte e tre le
dimensioni della crisi attuale e delle loro interazioni. Dati gli
scopi più limitati di questo scritto, non parlerò della crisi
geopolitica: si tratta di una dimensione che di per sé non tocca la
nostra discussione sull'esaurimento della civiltà capitalistica.
Infatti l'aspetto geopolitico della crisi consiste nel
ridimensionamento dell'egemonia statunitense e nel possibile
passaggio a un mondo multipolare e forse, in prospettiva, ad una
nuova egemonia (asiatica?). Si tratta ovviamente di un tema
fondamentale per comprendere le dinamiche politiche del mondo
contemporaneo, ma esso di per sé non dice nulla sulla maggiore o
minore vitalità dell'attuale organizzazione sociale. Il capitalismo
ha conosciuto diversi “passaggi di egemonia” di questo tipo, che
ne hanno scandito l'evoluzione, senza che questo comportasse un
giudizio di “esaurimento di civiltà”[2]. L'attuale tendenza alla
rottura dell'egemonia mondiale USA, se continuerà, sarà allora
certamente un passaggio politico di vasta portata, che potrebbe però
non toccare gli aspetti fondamentali del modo di produzione
capitalistico, ma addirittura potrebbe rinnovarne la dinamica.
Il
giudizio sul momento attuale come quello di inizio di una crisi di
civiltà viene quindi non da una riflessione sulla geopolitica, ma
dall'esame degli altri due aspetti della crisi attuale, quello
economico e quello ecologico, al quale forse occorre aggiungere una
dimensione antropologica, non ancora, mi sembra, diffusamente
tematizzata in quanto tale.
Tesi
3. La sovrapposizione di crisi ecologica e crisi economica genera una
situazione di “rendimenti decrescenti” e di “stagnazione
secolare”.
L'attuale
situazione poco dinamica dell'economia mondiale deriva molto
probabilmente dal sovrapporsi di un meccanismo “marxiano” e di
uno “ecologico”: mi sembra cioè possibile sostenere che siamo in
presenza di una crisi analizzabile in termini marxiani come, in
ultima analisi, effetto della caduta tendenziale del saggio di
profitto, alla quale si sovrappone una crisi di “rendimenti
decrescenti” (e costi crescenti) nello sfruttamento delle risorse
naturali. Ripetiamo che si tratta di momenti collegati, che
indichiamo separatamente solo per chiarezza, e che occorre collegare
assieme per una analisi approfondita [3]. Il sovrapporsi di queste
due forme di rendimenti decrescenti rende difficile pensare che la
società attuale possa superare l'attuale stagnazione. Il capitalismo
finora è sempre riuscito, in un modo o nell'altro, a superare
creativamente le difficoltà create alla sua autoriproduzione dai
meccanismi di crisi studiati da Marx. Ma lo ha fatto anche grazie
allo sfruttamento di sempre nuovi tipi di risorse
naturali. Se davvero queste possibilità si stanno esaurendo, come
sostengono vari studiosi [4] e come sembra indicare, per esempio,
l'incombere sempre più ineludibile del cambiamento climatico, la
conseguenza potrebbe essere davvero quella “stagnazione secolare”
paventata anche da importanti esponenti dell'establishment.
Tesi
4. Il capitalismo è instabile perché non genera una antropologia
adeguata a sé.
Sono
numerose le elaborazioni teoriche che rilevano il carattere invasivo
del rapporto sociale capitalistico, il fatto cioè che esso tende a
piegare alla propria logica non solo il mondo della produzione e
dello scambio ma la totalità degli ambiti sociali. Ciò che importa
adesso mettere in evidenza è che in questo modo il capitalismo erode
le stesse proprie basi antropologiche. Infatti è impossibile che la
società funzioni davvero sull'unica base della composizione
contrattuale dei reciproci interessi, cioè sulla forma civilizzata
dell' homo homini lupus. Come rileva correttamente Castoriadis:
“Il
capitalismo ha potuto funzionare solo perché ha ereditato una serie
di tipi antropologici che non ha creato esso stesso e che non avrebbe
potuto creare: giudici incorruttibili, funzionati integerrimi e
weberiani, educatori che si consacrano alla loro vocazione, operai
con un minimo di coscienza professionale, ecc. Questi tipi non
nascono e non possono nascere da soli, sono stati creati in periodi
storici precedenti, in riferimento a valori allora consacrati e
incontestabili: l'onestà, il servizio verso lo Stato, la
trasmissione del sapere, il lavoro ben fatto, e così via. Ma noi
oggi viviamo in società in cui questi valori sono notoriamente
diventati ridicoli, dove conta solamente la quantità di denaro che
si riesce a intascare, non importa come, o il numero di volte in cui
si appare in televisione”[6].
Questa descrizione, che
ci sembra sostanzialmente corretta, porta a prevedere che
l'estendersi sempre più pervasivo del legame sociale capitalistico
porterà in tempi non troppo lontani ad una profonda crisi del
legame sociale. Tutto questo è stato detto molto bene in vari testi
di Massimo Bontempelli, e conviene quindi lasciargli la parola:
“Ogni
sistema sociale stabilmente strutturato, per quanto oppressivo, in
quanto stabilmente strutturato esprime sul piano empirico qualche sia
pur empiricamente deformato significato trascendentale. Il
capitalismo è invece l'unico sistema il cui funzionamento è in
contraddizione con la natura trascendentale umana. Se è tale, però,
come ha fatto a nascere e svilupparsi? È nato perché è stato lo
strumento indiretto dell'emersione storica di due significati
trascendentali, il valore dell'individualità e quello
dell'appartenenza nazionale, di cui sono state levatrici storiche le
classi borghesi proprio attraverso la forza tratta dalla nuova
economia del plusvalore di cui erano attrici e profittatrici. Si è
sviluppato perché ha utilizzato per il suo funzionamento risorse non
sue: le risorse politiche e spiritualmente coesive della nazionalità,
le risorse psichiche e comportamentalmente disciplinatrici della
famiglia e della scuola borghesi, le risorse produttive dell'etica
religiosa e corporativa del lavoro, le risorse socialmente
regolatrici dei codici d'onore aristocratici. Ma l'utilizzazione di
queste risorse presupponeva l'autonomia funzionale delle sfere in cui
si formavano, e la parzialità sociale, per quanto determinatrice in
ultima istanza degli indirizzi generali, del modo di produzione
capitalistico. Una volta però che il modo di produzione
capitalistico è diventato totalitario, sottomettendo direttamente
alla sua logica di funzionamento tutte le sfere sociali, questa sua
potenza storicamente assoluta avvelena le stesse risorse
antropologiche di cui avrebbe bisogno. All'altezza del nostro tempo
storico si rivela così come la vera contraddizione distruttiva da
cui il capitalismo è segnato non sia una di quelle tematizzate dalla
tradizione marxista (tra capitale e lavoro, tra borghesia e
proletariato, tra forze produttive e rapporti di produzione), ma
quella tra esso e la natura umana. La potenza che distruggerà il
capitalismo sarà dunque la potenza stessa del capitalismo, dato che
in futuro i suoi effetti universalmente destrutturanti non saranno
più contenuti da forme organizzative precapitalistiche.”[7].
Tesi
5. Il modello di crisi di civiltà col quale ci dobbiamo confrontare
è quello della crisi del mondo antico.
Non è
una novità che i sistemi sociali possano crollare e che la storia
sia costellata da grandi passaggi che segnano la fine di questa o quella civiltà.
All'interno di questa ricca casistica si possono enucleare due
modelli: quello della fine dell'Ancien Régime e dell'instaurazione
della società capitalistico-borghese, da una parte, e dall'altra
quello della fine del mondo antico e dell'instaurazione del
feudalesimo. La differenza di fondo fra i due modelli sta in
questo: nel primo caso i nuovi rapporti sociali si sviluppano
lentamente all'interno della vecchia società, sfruttandone gli
spazi, e allo stesso modo si sviluppano i nuovi soggetti sociali (la
borghesia) e le nuove forme di cultura. In questo modo la crisi della
vecchia organizzazione non ha una esorbitante valenza distruttiva,
perché l'indebolimento di tale organizzazione è l'occasione per le
nuove strutture di imporsi. Nel secondo caso, al contrario,
l'organizzazione sociale del mondo greco-romano percorre fino in
fondo la strada della dissoluzione, prima che comincino a spuntare i
primi segni della nascita di un nuovo ordine sociale, il feudalesimo.
Questo secondo tipo di crisi di civiltà è molto più distruttivo
del primo.
È del
tutto evidente che i movimenti rivoluzionari di tipo socialista hanno
sempre pensato al superamento del capitalismo nei termini del primo
modello. Hanno sempre pensato cioè che lo sviluppo stesso del
capitalismo producesse sia gli embrioni di nuovi rapporti sociali,
sia i soggetti sociali che avrebbero rappresentato la base sociale
del superamento. È tempo, mi sembra, di abbandonare queste
convinzioni. Il capitalismo è senz'altro un sistema sociale ricco di
contraddizioni (come tutti i sistemi sociali), ma questo non significa
in nessun modo che esista una dinamica che lo porti a generare al suo
interno i rapporti sociali destinati a sostituirlo e i soggetti
sociali destinati ad abbatterlo. La classe operaia è una delle tante classi sfruttate succedutesi nella storia, capace certo di lottare
per la difesa dei propri interessi, capace di rivolte e ribellioni,
ma in nessun modo capace di avviare l'umanità verso il
superamento del capitalismo e l'instaurazione di una nuova
organizzazione sociale. Le contraddizioni del capitalismo sfociano
tipicamente nelle sue crisi periodiche, che vengono superate nei
modi che gli storici studiano. Oggi tali contraddizioni, secondo la
nostra ipotesi, ci stanno portando ad una crisi generale di civiltà.
Ma non c'è nessun indizio che esse ci indirizzino verso un mondo
nuovo. Se è così, è chiaro che il modello che meglio si adatta
all'attuale crisi di civiltà è quello della crisi del mondo antico.
Possiamo cioè aspettarci che la crisi di civiltà proseguirà a
lungo, distruggendo culture e popolazioni, prima che sorgano nuove
culture, nuovi soggetti sociali, e i germi di nuove organizzazioni
sociali. Alle distruzioni e alle violenze che hanno accompagnato
tutti i precedenti esempi di passaggi di questo tipo, si
aggiungeranno le distruzioni ecologiche causate dall'uomo che,
seppure certo non ignote nella storia umana, toccheranno
probabilmente livelli sconosciuti: si pensi solo a cosa significhi il
cambiamento climatico ormai in atto.
[2] Queste dinamiche sono oggetto di ampi studi, basti qui ricordare la magistrale ricostruzione di G.Arrighi ne “Il lungo XX secolo”.
[3] Per un tentativo in questo senso si veda J.W.Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, Ombre corte 2015.
[4] Un'ottima introduzione a queste problematiche è M.Bonaiuti, La grande transizione, Bollati Boringhieri 2013.
[5] Per un approccio marxista alla tematica della “stagnazione secolare” si veda questo lavoro di V.Giacché: http://www.asimmetrie.org/working-papers/wp-201507-spiegare-la-crisi-stagnazione-secolare-o-caduta-tendenziale-del-saggio-di-profitto/
[6]C.Castoriadis, La montée de l'insignifiance, Seuil 1996, pag.68, (traduzione mia, M.B.)
[7]M.Bontempelli, Un pensiero presente, Indipendenza-Editore Francesco Labonia, 2014, pag.160.
domenica 10 gennaio 2016
Problemi della società multietnica (P.Di Remigio)
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Paolo Di Remigio, che parte dai recenti fatti di Colonia per discutere i problemi legati all'immigrazione e al confronto fra culture diverse. Si tratta di problemi ardui, senza facili soluzioni, che possono essere affrontati solo con lucidità e onestà intellettuale.
(M.B.)
(M.B.)
Problemi
della società multietnica
Sieh, ich könnte befehlen, könnte dich zwingen. Aber
nein, Konstanze, dir selbst will ich dein Herz zu danken haben.
Mozart,
Die
Entführung
aus dem Serail,
Atto primo.
È
illusorio pensare che si possano allargare le libertà senza
restrizioni, e senza un'educazione che, abituando alle restrizioni,
le faccia diventare una consuetudine: ogni libertà implica
restrizione dell’arbitrio, perché ogni diritto è anche un dovere.
Che le donne abbiano la libertà fondamentale di essere persone
significa che hanno la proprietà del loro corpo: non lo si può
toccare senza che esse lo vogliano; ma questo diritto delle donne
alla proprietà del loro corpo è nel contempo il dovere degli uomini
di rispettarla e non
è possibile mettere insieme la personalità della donna e il
desiderio dell'uomo di avere piacere dal corpo di lei anche senza il
suo consenso.
Poiché
in generale la natura non garantisce diritti, essere persona non è
un diritto naturale della donna, anzi è uno degli ultimi frutti
della nostra educazione, per questo ancora fragile: un risultato
della monogamia che la chiesa
cristiana
ha imposto ai fedeli come unica forma legittima di sessualità da più
di un millennio e mezzo. Nella monogamia un uomo e una donna si
affidano l'uno all'altro senza
riserve;
questo stabilisce tra loro un'uguaglianza sentimentale, un'unanimità
sostanziale che tende a vanificare la discriminazione sul piano
giuridico. Con l'introduzione delle macchine che rende irrilevante la
superiorità della forza fisica maschile, l'uguaglianza soltanto
potenziale nella monogamia diventa attuale, giuridicamente fissata,
una libertà.
Ora il progetto della società multietnica, portato avanti con
pervicacia dai poteri che manovrano le istituzioni europee, lasciando
aperte le porte a una immigrazione massiccia dal mondo arabo, come
se
fosse una soluzione, anzi l’unica soluzione del caos indottovi, tra
le altre minacce ne fa pesare una anche sul diritto di personalità
della donna. Non è questione di razzismo, come subito pensano gli
sciocchi, è questione di educazione, di cultura. Nella cultura
islamica non solo non c'è uguaglianza giuridica tra uomo e donna; la
sua base, il Corano, oltre a consigliare mezzi come le battiture per
"disciplinare" le mogli, consente la poligamia, quindi la
situazione di radicale asimmetria tra i coniugi. Ora, a noi, in
genere, questa negazione radicale della personalità della donna
ripugna. Non è una ripugnanza naturale, come non è naturale per un
uomo in generale astenersi dal molestare una donna: è il risultato
di una lunga educazione; e forse a chi è stato educato all'intima
convinzione della non personalità della donna ripugna l'affermazione
della sua personalità. Noi che abbiamo sempre visto i visi delle
donne e intravisto i loro corpi siamo imbarazzati dal velo, il burqa
ci fa orrore; a chi è cresciuto nella cultura islamica, a chi ha
visto sempre donne velate o nascoste nelle loro vesti fanno forse
orrore i capelli sciolti, i vestiti attillati e le minigonne.
L'educazione
spiritualizza il richiamo della giovinezza e della bellezza e lo
risolve nello scambio tra il piacere di ammirare e il piacere di
essere ammirate; dove ci sia stata diversa educazione il non celare
la giovinezza e la bellezza può essere sentito come una provocazione
intollerabile, un disordine che autorizza l'aggressione, quindi lo
svuotamento del diritto della persona. Il
sindaco di Colonia, che ora raccomanda alle donne di islamizzarsi per
evitare le molestie, pare sia stata un'eroina della società
multietnica. Ci si domanda dove trovi il coraggio di raccomandare se
le manca quello di dimettersi.
sabato 9 gennaio 2016
Paolo Becchi esce dal M5S
Segnalo la seguente intervista a Paolo Becchi:
http://formiche.net/2016/01/05/grillo-casaleggio-5-stelle-paolo-beccjhi/
Mi sembra un intervento importante per capire le dinamiche interne al M5S, che al momento è l'unica opposizione realmente esistente. Quanto dice Becchi è in piuttosto preoccupante. Ritengo che l'ora della verità sarà rappresentata dai referendum costituzionali. Il dovere (e pure l'interesse, se ben inteso) del M5S è quello di condurre una lotta durissima e intransigente per non far passare le "riforme" costituzionali. Se il M5S non farà questo, sarà un colpo gravissimo per la democrazia di questo paese, del quale Grillo e Casaleggio porteranno la piena responsabilità.
Un'ultima osservazione sulle parole finali di Becchi, che lamenta l'istituzionalizzazione, forse inevitabile, del Movimento. "Istituzionalizzarsi" è il destino di ogni movimento, come il destino di ogni innamoramento è sfociare nell'amore adulto di coppia, o svanire. Il punto è come ci si istituzionalizza, e cosa si costruisce in questo processo: si è dato un contributo positivo alla civiltà oppure no? Istituzionalizzarsi diventando una stampella del PD è ovviamente diverso dal farlo mantenendo la propria indisponibilità a compromessi di basso livello. Insomma, se istituzionalizzarsi è inevitabile, non lo è il modo concreto in cui lo si fa: e questo dipende dalle concrete scelte politiche di un gruppo dirigente.
(M.B.)
http://formiche.net/2016/01/05/grillo-casaleggio-5-stelle-paolo-beccjhi/
Mi sembra un intervento importante per capire le dinamiche interne al M5S, che al momento è l'unica opposizione realmente esistente. Quanto dice Becchi è in piuttosto preoccupante. Ritengo che l'ora della verità sarà rappresentata dai referendum costituzionali. Il dovere (e pure l'interesse, se ben inteso) del M5S è quello di condurre una lotta durissima e intransigente per non far passare le "riforme" costituzionali. Se il M5S non farà questo, sarà un colpo gravissimo per la democrazia di questo paese, del quale Grillo e Casaleggio porteranno la piena responsabilità.
Un'ultima osservazione sulle parole finali di Becchi, che lamenta l'istituzionalizzazione, forse inevitabile, del Movimento. "Istituzionalizzarsi" è il destino di ogni movimento, come il destino di ogni innamoramento è sfociare nell'amore adulto di coppia, o svanire. Il punto è come ci si istituzionalizza, e cosa si costruisce in questo processo: si è dato un contributo positivo alla civiltà oppure no? Istituzionalizzarsi diventando una stampella del PD è ovviamente diverso dal farlo mantenendo la propria indisponibilità a compromessi di basso livello. Insomma, se istituzionalizzarsi è inevitabile, non lo è il modo concreto in cui lo si fa: e questo dipende dalle concrete scelte politiche di un gruppo dirigente.
(M.B.)
venerdì 8 gennaio 2016
Proprio una bella idea
http://www.corriere.it/salute/16_gennaio_07/se-visita-medico-famiglia-fosse-pagamento-pro-contro-347e9adc-b53e-11e5-8efc-b58ffc8363b9.shtml
Ormai non si sa più cosa dire, di fronte al continuo attacco alle conquiste di civiltà del Novecento. Ogni volta che sento parlare di innovare e modernizzare, mi chiedo di quanto taglieranno pensioni, sanità e istruzione.
E' impressionante come si stia trionfalmente tornando ad un feroce capitalismo di tipo ottocentesco, senza nemmeno il barlume di una risposta politica da parte delle vittime di questa deriva.
Ormai non si sa più cosa dire, di fronte al continuo attacco alle conquiste di civiltà del Novecento. Ogni volta che sento parlare di innovare e modernizzare, mi chiedo di quanto taglieranno pensioni, sanità e istruzione.
E' impressionante come si stia trionfalmente tornando ad un feroce capitalismo di tipo ottocentesco, senza nemmeno il barlume di una risposta politica da parte delle vittime di questa deriva.
martedì 5 gennaio 2016
Quale cultura nella decadenza
(Questo intervento è il mio contributo ad una pubblicazione curata dall'ARS. M.B.)
Questo
articolo parte dalla convinzione che la nostra organizzazione
economica e sociale, ormai estesa all'intero pianeta, sia entrata in
una fase di decadenza di civiltà, analoga a quella del tardo impero
romano. Un indizio di questo declino è rappresentato dal convergere
e dall'intrecciarsi di tre tipologie di crisi: la crisi economica
dalla quale non sembra che si riesca ad uscire (tanto che alcuni
autori mainstream parlano apertamente di “stagnazione
secolare”), la crisi geopolitica dovuta al lento declino USA, la
crisi ecologica della quale il cambiamento climatico è per il
momento l'evidenza più forte. Non sono ovviamente in grado di fare
previsioni sulla durata di questa fase di declino, né sulle forme
culturali, sociali ed economiche che l'umanità si darà per
superarla. È però facile pronosticare che essa comporterà
sofferenze per grandi masse umane, e la perdita di valori civili e
contenuti culturali. Temo che non sia possibile invertire questi
sviluppi tendenziali. È però possibile un'azione politica e
culturale che abbrevi il decorso della transizione e ne riduca le
sofferenze e i danni. Una tale azione sarà opera di forze politiche
e sociali che riescano, fra le altre cose, ad elaborare un discorso
culturale che colga gli aspetti fondamentali dell'attuale situazione
storica. In Italia un tale programma di “difesa civile” dovrà
avere al proprio centro la Costituzione del 1948, quintessenza di
quanto di meglio la storia recente del nostro paese abbia prodotto.
Occorre
però aver chiaro un punto: produrre un discorso culturale adeguato a
questi problemi sarà un compito difficilissimo, perché si tratterà
di andare del tutto controcorrente. Si tratterà cioè non solo di
distaccarsi criticamente dalle forme più evidenti di negazione della
cultura e del pensiero, ma di criticare l'intera organizzazione della
produzione culturale contemporanea, anche nei suoi aspetti “alti”:
si tratta cioè di capire che buona parte degli attuali ceti
intellettuali, e degli strati popolari “semi-colti” che ad essi
fanno riferimento, non sono alleati in questa lotta, ma piuttosto
avversari.
lunedì 4 gennaio 2016
La battaglia per il referendum
Segnaliamo un articolo di Leonardo Mazzei:
http://sollevazione.blogspot.it/2016/01/referendum-italicum-se-dalimonte-fa-gli.html
http://sollevazione.blogspot.it/2016/01/referendum-italicum-se-dalimonte-fa-gli.html
venerdì 1 gennaio 2016
Un'intervista a Michéa
Segnalo con piacere questa intervista di Michéa su Repubblica:
http://www.repubblica.it/cultura/2015/12/19/news/jean-claude_miche_a_la_sinistra_deve_rifondare_l_alleanza_illuminista_-129800190/?ref=fb
C'è una profonda sintonia fra quanto dice Michéa e quanto per anni siamo andati dicendo Massimo Bontempelli ed io a proposito dell'esaurimento storico dell'opposizione destra/sinistra. Naturalmente "Repubblica" non si smentisce mai: il titolo dell'intervista mette fra virgolette una frase che Michéa non pronuncia, e che anzi sembra a me abbastanza incompatibile con le sue analisi.
(M.B.)
http://www.repubblica.it/cultura/2015/12/19/news/jean-claude_miche_a_la_sinistra_deve_rifondare_l_alleanza_illuminista_-129800190/?ref=fb
C'è una profonda sintonia fra quanto dice Michéa e quanto per anni siamo andati dicendo Massimo Bontempelli ed io a proposito dell'esaurimento storico dell'opposizione destra/sinistra. Naturalmente "Repubblica" non si smentisce mai: il titolo dell'intervista mette fra virgolette una frase che Michéa non pronuncia, e che anzi sembra a me abbastanza incompatibile con le sue analisi.
(M.B.)