Dopo
Italicum e Jobs act, Renzi ha ottenuto anche la cosiddetta riforma
del Senato. Senza grosse difficoltà, in questo caso come nei
precedenti. A Renzi sta riuscendo, con una certa facilità, ciò che
Berlusconi ha tentato inutilmente (o quasi) di fare per vent'anni.
Penso sia il caso si chiedersi le ragioni di questa forza. Per
rispondere, bisognerebbe prima chiedersi le ragioni della “debolezza”
di Berlusconi. Mettiamo“debolezza” tra virgolette, perché
ovviamente la parola è da prendere cum grano salis. Berlusconi ha
sempre avuto, ed ha tuttora, un grande potere, i cui vari aspetti
diamo qui per noti. Osserviamo solo che la sua vita politica copre
gli ultimi vent'anni: in questi vent'anni egli è stato al potere per
circa dieci, ed è stato comunque influente anche negli altri dieci.
Ma sono proprio i dati oggettivi che mostrano la reale forza di
Berlusconi a porre con evidenza il problema. Come mai in vent'anni di
attività politica ai massimi livelli egli non è riuscito a
devastare la Costituzione, conculcare la democrazia e abbattere i
diritti dei lavoratori in maniera così completa come è riuscito in
pochissimo tempo a Renzi? La prima risposta che viene in mente è che
Berlusconi era sì forte, ma ha anche suscitato contro di sé forti
opposizioni. Il ceto politico si è sempre profondamente diviso, di
fronte ai suoi tentativi di cambiamenti regressivi delle istituzioni.
Ma perché? Non certo per motivi morali o ideali. L'attuale ceto
politico non conosce né etica né idee. Poiché l'unica cosa che
esiste, per l'attuale ceto politico, sono gretti interessi materiali,
è evidente che il problema di Berlusconi stava nel fatto che egli
non era in grado di soddisfare tutti questi interessi, o almeno una
loro parte tanto consistente da dargli maggioranze capaci di fare ciò
che ha fatto Renzi. In sintesi, non c'era trippa a sufficienza per
tutti i gatti, o almeno per una loro parte consistente. E la lotta
spietata per accaparrarsi le risorse dell'apparato statale rendeva
impossibili accordi sufficientemente saldi da far passare grandi
cambiamenti istituzionali. Ma cos'è cambiato con Renzi? È evidente
che le risorse statali non sono aumentate. Perché adesso si riesce a
coagulare un consenso del ceto politico?
Credo che una risposta
possibile, o almeno una parte della risposta, sia che la lotta
spietata fra i vari gruppi affaristico-criminal-feudali che formano
l'attuale ceto politico è stata almeno in parte risolta. Ci sono
vincitori e vinti, e i vincitori possono accordarsi grazie al fatto
di aver fatto fuori i vinti. Ma chi sono i vincitori e i vinti? I
vinti sono quella parte del ceto politico che è indicata come
“sinistra”, e i sindacati. I vincitori (o almeno, non perdenti)
sono tutti gli altri. Renzi ha umiliato la sinistra PD, mostrando che
il suo potere di contrattazione è zero, e si appresta a eliminarla
definitivamente dal Parlamento con le prossime elezioni. Ai sindacati
viene tolta ogni capacità di trattativa, ogni peso e rilevanza. Il
fatto che due parti, piccole ma non piccolissime, dell'attuale ceto
politico-affaristico siano così tolte di mezzo (almeno in
prospettiva), libera ovviamente risorse per tutti gli altri.
Partendo
da questa ipotesi interpretativa, si è inevitabilmente portati ad
una ulteriore domanda. Infatti è ovvio che anche Berlusconi, nei
suoi momenti di potere, sarebbe stato ben felice di far fuori il ceto
politico “sinistro-sindacale”. Come mai lui non c'è riuscito,
mentre invece Renzi sì? Propongo la seguente risposta: gli sviluppi
della crisi economica che si trascina da 7-8 anni stanno togliendo
ogni forza e ogni peso alla sinistra. La sinistra sta diventando
sempre più inutile. Per capire cosa intendo, dobbiamo prima capire
qual era il ruolo sistemico del ceto politico “sinistro-sindacale”
nella conformazione neoliberista che le nostre società hanno assunto
negli ultimi decenni. Tale ceto politico aveva un ruolo fondamentale,
che era quello di far accettare alle masse popolari politiche
antipopolari. Da decenni è chiaro, a chiunque abbia occhi per
vedere, che la scelta strategica di fondo dei ceti dirigenti
dell'Occidente capitalistico è la distruzione di tutti i diritti
conquistati dalle masse popolari nel secondo dopoguerra. Questo
attacco poteva però presentare dei pericoli, perché le masse
popolari sembrano molto legate almeno ad alcuni di tali diritti,
quelli davvero fondamentali (l'assistenza sanitaria, per esempio). Il
ruolo del ceto politico “sinistro-sindacale” era allora un ruolo
di mediazione: si trattava di far accettare alle masse popolari la
loro spoliazione, nascondendola dietro le parole della tradizione
della sinistra (riforme, progresso, innovazione) e magari
conducendola in maniera un po' graduale.
La crisi
in cui siamo immersi da sette anni ha cambiato il quadro della
situazione. Essa ha sottoposto le masse popolari dei paesi
occidentali (in particolare nel Sud Europa) ad una autentica “terapia
shock” analoga a quelle descritte da Naomi Klein nel suo “Shock
Economy”. È allora apparso evidente che le masse popolari sono
incapaci di difendersi anche dalle aggressioni più odiose e
micidiali, sono incapaci di ribellione anche quando vengono
brutalmente impoverite. Nei paesi dell'Europa del Sud, in tutto
questo gioca ovviamente un ruolo fondamentale l'euro, un autentico
sistema di governo che favorisce e protegge (dietro la minaccia
“altrimenti bisogna uscire dall'euro”) gli attacchi brutali alle
masse popolari ai quali abbiamo assistito in questi anni. Ma se
questa è la situazione nuova determinata dalla crisi economica, e
dai vincoli dell'euro, si può ragionevolmente ipotizzare che il ceto
politico sinistro-sindacale stia perdendo il suo ruolo sistemico. Di
esso non c'è più bisogno. Non servono mediatori. Non c'è bisogno
di “far accettare” alle masse i brutali sacrifici che vengono
loro richiesti. Le masse, a quanto pare, li accettano in ogni caso,
senza ribellarsi.
La
tendenziale cancellazione di quel ceto politico da parte di Renzi, in
definitiva, potrebbe rappresentare la presa d'atto di questa
inutilità sistemica. Questi sviluppi rappresantano, per il momento,
una dinamica solo italiana. L'evoluzione di Syriza sembra infatti
indicare che altrove la sinistra sia ancora utile per far accettare
alle masse la propria spoliazione. Per questo, sarà interessante
vedere come si evolverà la situazione greca.
Chiudo
con due considerazioni. In primo luogo, la forza attuale di Renzi
potrebbe essere di breve durata. L'attuale consenso di cui egli gode
appare fragile. Le risorse liberate dall'eliminazione di una parte
del ceto politico non sono così grandi, e tutti i problemi della
crisi economica restano sul tappeto, irrisolti. Si può quindi
pensare che gli attuali equilibri possano saltare, e Renzi con loro.
Questo purtroppo non ci è di conforto. Il fatto che i singoli
governi vengano sostituiti non impedisce che le loro azioni restino.
Il governo Monti è caduto ma la rapina delle pensioni operata dal
suo governo è rimasta. Così, forse il governo Renzi cadrà ma
nessuno ci ridarà l'art.18 e la Costituzione del '48.
In
secondo luogo, se quanto sopra detto ha senso, è chiaro che chi
voglia opporsi alla brutale regressione sociale e civile verso la
quale ci stanno portando gli attuali ceti dirigenti, non può fare
affidamento su improbabili sollevazioni popolari. Purtroppo molti
attivisti antisistemici sembrano condividere la rozza idea che il
peggioramento delle condizioni materiali della masse faciliti l'opera
dei rivoluzionari. I fatti dimostrano che non è così. La crisi,
l'attacco a redditi e diritti, invece di suscitare sollevazioni, è
lo strumento fondamentale per ridisegnare Stato e società in
funzione antipopolare, regressiva, barbarica. Il peggioramento delle
condizioni di vita sta portando all'accettazione passiva di una
realtà di impoverimento e regressione. La rabbia che tutto questo
genera non si traduce in politica ma in imbarbarimento della vita
quotidiana. Chi sta sotto non si ribella contro chi sta sopra ma se
la prende con il proprio vicino, o con chi sta ancora più sotto.
Tutto questo si radica, io credo, in aspetti profondi della
configurazione che la psiche umana ha assunto all'interno della
società attuale, aspetti che purtroppo gli attivisti antisistemici
non tengono in considerazione. Mi sembra che l'analisi su questi temi
sia ancora all'inizio. Cercheremo in futuro di dare il nostro
contributo.
(Marino Badiale)
Questo articolo viene pubblicato anche su "Appello al popolo": http://www.appelloalpopolo.it/?p=14649
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Ricordo che non pubblichiamo commenti anonimi. E' sufficiente firmarsi con un nickname.
RispondiEliminaBell'articolo e teoria interessante. E' condivisibile? In parte senz'altro. Ma se si fa il confronto con Berlusconi bisogna ricordare che le grandi controriforme liberiste, passato il periodo della Tatcher, le ha sempre fatte la sinistra, in grado di meglio avvalersi dei sindacati e della mobilitazione della base per avversare il governo (le controriforme) della destra. E' stato così in Italia (Prodi), Germania (Schroeder), Gran Bretagna (Blair)...
RispondiEliminaPer il resto la teoria soffre un po' della tendenza marxista a ricercare soluzioni strutturali abbarbicate nel dato economico. Credo che la realtà sia un po' più pedestre. Che le classi dirigenti siano meno organizzate di quanto presupponga l'articolo e che molti successi di Renzi derivino da due fattori:
1) dalle vittorie di Grillo che hanno attenuato le faide interne alla camorra piddina, portata a fare quadrato per non essere spazzata via;
2) dall'abilità personale di Renzi nell'affabulare il gregge mediatico con tutte le dosi giuste di faccine, faccioni, rassicurazioni, intimidazioni, machismi, sdolcinatezze, volgarità ecc. ecc. necessarie per piacere all'elettore medio, cioè agli schiavi e agl'idioti. Sullo sfondo delle variabili socioeconomiche la storia la fanno i Capi colla loro abilità di plasmare masse informi tramite idonee simbologie.
arrivo con un certo ritardo, anche se la domanda dell'autore me l'andavo ponendo
RispondiEliminada svariato tempo. aggiungo solo una cosa: non dimentichiamo chi ha coronato Renzi.
Inutile commentare sulle cose che si condividono. Allora due osservazioni. La prima è questa: il sistema di governo neo-liberista ha rinunciato alla logica bipolare. Le difficoltà di Berlusconi ad attuare il programma erano legate all'esistenza di un'opposizione. Quando si trattò dell'articolo 18 Cofferati portò milioni in piazza. Questa logica "competitiva" portava a contrastare tutto quello che il governo di turno faceva. Il freno era dovuto al problema del consenso (sappiamo quanto Berlusconi si basasse sui sondaggi). Questa logica in Italia è saltata col Governo Monti. Solo unendo le forze avrebbero potuto attuare la macelleria sociale che hanno realizzato. L'evoluzione è stata quella di far fare le scelte di destra al partito che si dichiara di sinistra. E' formidabile naturalmente, senza opposizione. Il programma del 1994 di Berlusconi è stato attuato in pieno da Renzi. Geniale!
RispondiEliminaLa seconda osservazione riguarda il sindacato. Che il sindacato, in una società capitalista, svolga un ruolo nel far funzionare il sistema, è risaputo. Non foss'altro che per la riproduzione della mano d'opera. La tradizione sindacale italiana ha una sua storia e il ruolo di far digerire le amare ricette è una tradizione. Gli accordi dell'Eur tra Lama e Confindustria rappresentano un precedente importante. Il discorso si fa lungo e riguarda il ruolo del PCI nella storia del capitalismo italiano. Un ruolo particolare, non certo rivoluzionario, ma nemmeno socialdemocratico. L'epigono più rappresentativo è Napolitano naturalmente.
Dimenticavo la terza osservazione, forse la più importante. Leggo: "È allora apparso evidente che le masse popolari sono incapaci di difendersi anche dalle aggressioni più odiose e micidiali, sono incapaci di ribellione anche quando vengono brutalmente impoverite."
RispondiEliminaQuesto è un tema importante, che deve far riflettere. A meno di non pensare ad una mutazione genetica, al di là di una constatazione empirica (malinconica), c'è da interrogarsi sui motivi, non si può dare per scontato che sia così e basta.
Perché il novecento è stato il secolo (breve) delle lotte sociali e oggi, di fronte ad attacchi feroci ai diritti e alla rilevanza sociale, chi li subisce ha una reazione così blanda, molle?
Non ho certezze assolute, naturalmente. Sicuramente la strategia neo-liberista è stata efficace. L'outsourcing, le delocalizzazioni, le aziende legate da una rete finanziaria ma non più basate sulla concentrazione fisica, sono fatti che hanno fortemente indebolito l'opposizione sociale.
La paura. I lavoratori, le famiglie, sono molto impaurite. Non sono più nella condizione di non avere più niente da perdere. Ci sono i risparmi, in altri paesi i fondi pensione giocano un ruolo fondamentale. C'è la paura di perdere quello che si ha. E non si è indispensabili (se non produco a Pomigliano, posso produrre in Polonia, in Serbia, in Bulgaria).
E' difficilissimo unificare i lavoratori nello stesso modo in cui le aziende hanno legato le forniture, la loro rete di approvigionamento, la localizzazione multinazionale. E' molto complicato.
Grazie dell'analisi, che condivido. Aggiungo una nota. E' in corso una americanizzazione in profondità del sistema politico ed economico italiano e, in prospettiva, europeo. Lo stile di Renzi, molto efficace perchè congegnato dai consulenti McKinsey, ne è un sintomo importante. Renzi sta facendo in Italia, toute proportion gardée, quel che Clinton ha fatto in USA: sostanzialmente, la distruzione del sindacato, l'apertura delle frontiere all'immigrazione, la delocalizzazione delle imprese, la creazione di una enorme underclass. Anche in quel caso, fu indispensabile che a compiere questo programma antipopolare fosse il partito tradizionalmente legato al lavoro dipendente organizzato. Il primo colpo era stato sferrato da Reagan, ma l'annichilimento delle protezioni del lavoro è stato compiuto da Clinton. La chiave di volta per la realizzazione di questo programma è lo spostamento dei conflitti: il conflitto deve diventare endemico e orizzontale, non verticale e concentrato. Il che implica anche che il conflitto sociale diventerà sempre più criminale e violento, perchè ogni segmento di interesse, non potendo più avere rappresentanza politico-sindacale, appena riesce a organizzarsi si protegge e lotta con metodi in buona parte illegali, ed eventualmente violenti fino all'omicidio. Il modello diventa la gang, non il partito politico o il sindacato.
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