Un intervento di C.Lapavitsas, non recentissimo ma di grande interesse. La domanda del titolo, tratta dall'articolo, va ovviamente rivolta alla sinistra greca ma non solo.
(M.B.)
http://sollevazione.blogspot.it/2015/08/syriza-la-questione-del-denaro-e-la.html
lunedì 31 agosto 2015
Paolo Di Remigio su guerra e rivoluzione
Paolo Di Remigio prosegue la sua interessante riflessione su Hegel e Marx.
(M.B.)
(M.B.)
Guerra
e rivoluzione. Per la filosofia del patriottismo
(Paolo Di Remigio)
In
uno scritto giovanile Hegel chiarisce il punto di vista da cui
interpretare i suoi successivi “Lineamenti di filosofia del
diritto”: «Una moltitudine umana può chiamarsi “stato” solo
se è legata per la difesa comune del complesso delle sue
proprietà»1.
Ossia, ciò che porta gli elementi di una moltitudine a voler
negare il proprio arbitrio e a sottomettersi a un potere che impone
la coordinazione in un collettivo, è la necessità di questa
coordinazione per fronteggiare la guerra: poiché teme di perdere
sotto un dominio estraneo la proprietà non solo delle cose in
generale, ma anche di quella cosa particolare che è il proprio
corpo, l'individuo considera l'indipendenza dello stato così
importante da volerle
sacrificare la propria indipendenza naturale, la vita e la proprietà
in cambio della difesa collettiva della vita e della proprietà. In
una parola: solo il timore di perdere tutto può convincere
gli individui a sacrificare la loro individualità esclusiva e a
diventare elementi di una moltitudine che proprio per questa
solidarietà diventa stato. Gli altri caratteri dello stato – se
comandi uno o se comandino pochi o molti, se chi comanda sia stato
eletto o abbia acquisito il potere per nascita, se gli individui
abbiano uguaglianza giuridica, se le leggi e l'imposizione fiscale
(proprio come i pesi, le misure e la moneta) siano uguali, se ci sia
omogeneità di costumi, di educazione e di lingua, se ci sia
differenza di religione – sono secondari:
nessuna forma di governo, nessuna identità,
né etnica, tanto meno razziale, né culturale, costituisce la
determinazione necessaria dello stato; solo la volontà
dell'individuo di sacrificare la sua sfera privata in vista della
costituzione di una forza collettiva che difenda la stessa sfera
privata (ciò che Hegel chiama “idealismo” dello stato)
conferisce spessore solidale alla moltitudine, ne fa un'unità etica.
L'essenza dello stato contiene dunque il paradosso
inevitabile di
difendere la sfera privata solo a costo della stessa sfera privata; e
questo paradosso (Hegel lo chiama “speculativo”) è la libertà
del cittadino: mentre l'arbitrio è l'esclusività propria
dell'individuo, la
libertà è l'esclusività che si conserva mediante la propria
negazione.
La
determinazione hegeliana dell'essenza dello stato ha un precedente
nella “Repubblica” di Platone2.
Questi, infatti, ha visto nella divisione del lavoro la causa della
socialità degli uomini: il lavoro è più produttivo, il consumo più
abbondante e la vita più felice, se gli uomini si specializzano nel
produrre e si scambiano le eccedenze. Nella concezione platonica, a
differenza, e forse più correttamente, che nella concezione
marxiana, la divisione del lavoro non dà origine all'antagonismo di
classe, ma alla collaborazione sociale. Benché faccia suo l'ideale
di una società povera che limitando i consumi all'elementare si
mantiene ugualitaria, Platone riconosce l'insopprimibilità della
tendenza al lusso; essa, implicando maggiore bisogno di risorse
naturali, rende rivali le diverse società; questa rivalità è la
possibilità della guerra, e la possibilità della guerra genera il
potere, ossia trasforma la divisione del lavoro interna alla società
in una divisione di classe: sono necessari guerrieri di professione,
i guardiani, che dovendo provvedere al rapporto tra la loro società
e le altre si rapportano non ai singoli compatrioti, ma alla società
come a un intero, cioè vi esercitano il potere. Solo a questo punto
la società primitiva diventa stato.
Rispetto
alle intuizioni platoniche le concezioni moderne fino a Rousseau
perdono incisività. Tutte cercano di determinare lo stato a
prescindere dal
rapporto tra gli stati, quindi fanno fatica a concepire come
l'individuo possa rinunciare al suo arbitrio, accettare la
sottomissione e cercare la libertà entro
questa sottomissione. Hobbes, per esempio, concepisce la minaccia
della guerra come effetto del diritto di natura insito
nell'individuo,
che l’individuo stesso spegne una volta per tutte – a parte
l'eccezione dell'illecito – unendosi agli altri e insieme
sottomettendosi al potere statale. Egli è troppo condizionato
dall'esperienza della guerra civile e dalla sicurezza esterna che la
sua patria, l'Inghilterra, gode in virtù della sua insularità, per
considerare la minaccia della guerra, anziché semplice istanza
psicologica, realtà sempre attuale prodotta dall'esistenza di una
pluralità di stati sovrani.
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lunedì 24 agosto 2015
Un'intervista a un collaboratore di Varoufakis
Un'interessante intervista a Daniel Munevar, un collaboratore di Varoufakis nel periodo in cui quest'ultimo era ministro
http://www.sbilanciamoci.info/ Sezioni/globi/Grexit-e-solo- una-questione-di-tempo-30912
http://www.sbilanciamoci.info/
venerdì 21 agosto 2015
Un'intervista a Letta
Sul sito "Sollevazione" Emmezeta commenta un'intervista di Lucio Caracciolo a Enrico Letta:
http://sollevazione.blogspot.it/2015/08/come-germania-comanda-di-emmezeta.html
Particolarmente interessante è la battuta finale di Letta sul fatto che i problemi della costruzione europea derivano in ultima analisi dalla mancanza di un "popolo europeo". In effetti questo è il nocciolo del problema, come io e Tringali andiamo ripetendo fin dal nostro opuscolo "Liberiamoci dall'euro" (luglio 2011).
(M.B.)
http://sollevazione.blogspot.it/2015/08/come-germania-comanda-di-emmezeta.html
Particolarmente interessante è la battuta finale di Letta sul fatto che i problemi della costruzione europea derivano in ultima analisi dalla mancanza di un "popolo europeo". In effetti questo è il nocciolo del problema, come io e Tringali andiamo ripetendo fin dal nostro opuscolo "Liberiamoci dall'euro" (luglio 2011).
(M.B.)
mercoledì 19 agosto 2015
Due interventi di Giannuli
Un paio di interventi di Aldo Giannuli dedicati alla "sinistra radicale", non recentissimi ma largamente condivisibili
(M.B.)
http://www.aldogiannuli.it/perche-sinistra-italiana-difende-tsipras/
http://www.aldogiannuli.it/cari-compagni-fermatevi-a-riflettere/
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giovedì 13 agosto 2015
Le dure repliche della storia
Come era prevedibile aspettarsi,
l'esito infausto della vicenda greca sta cambiando qualcosa, nelle
riflessioni interne al variegato mondo “antisistemico”, che è
costretto a confrontarsi con quelle che, in altro contesto, Bobbio
chiamò “le dure repliche della storia”.
Finalmente una parte di quel mondo sta
accettando una delle nostre tesi di fondo: cioè il fatto che mettere sul tavolo l'uscita dall'euro, almeno come “piano B”, è
una condizione necessaria (anche se, come abbiamo ripetuto molte
volte, non sufficiente) per qualsiasi programma politico di contrasto
ai ceti dominanti nazionali e internazionali.
Ci sembra importante segnalare le
sempre maggiori aperture che si stanno registrando in questo mondo,
perché anche di qui passa la necessaria costruzione di un soggetto
politico realmente antagonistico all'attuale organizzazione sociale.
Senza nessuna pretesa di esaustività,
indichiamo alcune prese di posizione succedutesi dopo la sconfitta di Syriza (qualcuna l'avevamo già segnalata in post precedenti).
Riccardo Achilli prende una posizione netta a favore
della nascita di “una sinistra nazionale, che mette l'uscita
dall'euro al centro della sua proposta, e lo smantellamento della
sovrastruttura comunitaria, che deve essere considerata un nemico,
non un interlocutore.”
J.K.Galbraith, in un'intervista pubblicata su "Sbilanciamoci", si chiede "può un paese che ha pagato sulla propria pelle il drammatico
fallimento delle politiche europee sperare
di cambiare quelle politiche all’interno della
cornice dell’eurozona?" e risponde molto semplicemente "Bene, penso che la risposta a
quella domanda sia evidente a tutti.". Si tratta di un intervento molto interessante, dal nostro attuale punto di vista, soprattutto perché
pubblicato su sbilanciamoci.info, un sito che rappresenta uno dei
punti di riferimento del mondo della sinistra pro-euro.
Un intervento di Dino Greco, della
Direzione Nazionale di Rifondazione Comunista, invita il suo partito a prendere finalmente coscienza del fatto che "l’euro è
l’instrumentum regni, la tecnicalità monetaria di una politica
socialmente reazionaria, di una inaudita oppressione di classe che
trascina con sé una drammatica fuoriuscita dalla democrazia".
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