Le discussioni sull'euro sono un esempio di questi problemi. La grande difficoltà nella quale si sono trovati quelli come noi, che da anni si sforzano di mettere questo tema al centro del dibattito delle forze antisistemiche, ci ha mostrato con chiarezza quanto forti siano i “vincoli interni”, chiamiamoli così, nelle menti di molte delle persone che ruotano attorno a quel mondo. Per fortuna, da qualche tempo le cose sembra stiano migliorando. Il lavoro di tante persone, gruppi, siti, dai più noti come Goofynomics, a “Voci dall'estero”, a “Orizzonte 48”, all'ARS , a “Sollevazione”, per finire, si parva licet, con un piccolo blog come il nostro, ha finito per immettere nel dibattito una serie di idee, concetti, conoscenze che dovrebbero rendere difficile l'adagiarsi su schemi di pensiero e argomentazioni ormai obsolete. È quindi un po' deprimente constatare che, invece, continuano a essere diffuse, negli ambienti antisistemici, argomentazioni che ignorano beatamente tutto quanto si è prodotto, negli anni recenti, su questi temi. Un esempio lampante di una tale serena e autistica indifferenza è questo articolo di A.Negri e R.Sánchez Cedillo. Si tratta di un testo che compendia bene una serie di limiti culturali, tipici del mondo "antisistemico". Mi limito qui a metterne in evidenza alcuni.
1. I problemi economici legati alla
crisi sono solo quelli del debito (e si capisce che gli autori
intendono “debito pubblico”). Questo è “la prima questione, il
primo nodo”. Il fatto che uno dei problemi economici fondamentali
dell'eurozona sia quello delle asimmetrie fra i paesi membri, è
totalmente ignorato. Ora, si tratta di una questione la cui
centralità è ammessa a tutti i livelli. Non si tratta cioè di una
tematica ristretta ad alcuni settori “eterodossi”, ma di un tema
di cui si discute in tutte le sedi, ufficiali e non. È perfino
difficile fare riferimento a qualche testo particolare, tanto questi
temi sono diffusi. Solo per citare cose recenti, mi limito a due
articoli tradotti nel benemerito sito “Voci dall'estero”, uno di
Wolfgang Münchau (che
normalmente scrive sul Financial Times, mentre questo articolo è
stato pubblicato su Der Spiegel) e uno della giornalista inglese
Frances Coppola. Si può inoltre ricordare come il fatto che la crisi
non sia una problema di debito pubblico è ormai ammesso ai massimi
vertici della BCE: si veda quanto diceva nel maggio 2013 Vitor
Constancio, vice presidente BCE, nel brano riportato a pag.55 del
libro di Bagnai “L'Italia può farcela”.
Tutto
questo dibattito, che coinvolge le istanze più diverse ormai da
anni, è semplicemente ignorato da Negri e Sánchez Cedillo. Il loro
intervento si pone cioè, da questo punto di vista, su un piano di
discussione superato da anni, e appare quindi totalmente inutile, se
non appunto, come si diceva, in quanto sintomo dei limiti e delle
arretratezze di tutto un settore del mondo antisistemico.
2. Uno
dei nodi cruciali di questo articolo è ovviamente il rifiuto della
sovranità nazionale. Gli autori ci spiegano che la cessione di
sovranità da parte degli Stati europei è un bene, perché “dietro
la sovranità nazionale si è sviluppata ogni tragedia della
modernità”. Gli autori non perdono molto tempo ad argomentare il
rifiuto dello Stato-nazione, probabilmente perché per il loro
pubblico di riferimento si tratta di un dato acquisito. Alla loro
drastica affermazione si possono però muovere due obiezioni:
in
primo luogo, se è vero che la storia degli Stati-nazione si
sovrappone in molti sensi a quella della modernità, e quindi si
collega alle tante “tragedie della modernità” cui alludono gli
autori, è d'altra parte vero che tale storia è direttamente collegata anche
alle tante importanti conquiste della modernità, alle quali, credo,
nessuno di noi, neppure Negri e Sánchez Cedillo, vorrebbe rinunciare.
Abbiamo infatti da una parte i diritti liberali che vengono
generalizzati nella stagione del costituzionalismo ottocentesco,
indissolubilmente legata all'ascesa degli Stati-nazione. Dall'altra,
i diritti sociali della tradizione riformista e socialdemocratica,
che iniziano ad essere conquistati fra Ottocento e Novecento e
divengono universali nei paesi occidentali dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale: anch'essi strettamente legati alle dinamiche dello
Stato-nazione. E non è davvero un caso se il superamento della
sovranità nazionale, così caldeggiato da Negri e Sánchez Cedillo,
ha finora portato alla distruzione dei diritti sociali e anche ad un
certo attacco a quelli della tradizione liberale (con le limitazioni
alla libertà di espressione, per esempio).
In
secondo luogo, una volta ammesso che la sovranità nazionale ha
conosciuto tragedie, ci si può chiedere se altri tipi di sovranità
ne siano immuni. Ovviamente la risposta è negativa. E qui si vede
con chiarezza il limite degli autori e del mondo intellettuale che ad essi fa riferimento. Infatti essi rifiutano la
sovranità nazionale a causa delle violenze storicamente ad essa
associate. Ma non ci forniscono nessun motivo per pensare che la
nuova sovranità che sorgerebbe al posto degli Stati-nazione europei
dovrebbe essere immune da tali violenze. Superiamo gli Stati-nazione
perché essi hanno dato origine a guerre e facciamo sorgere un
mega-Stato europeo? E come facciamo a sapere che questo mega-Stato
non porterà anch'esso a guerre, magari contro la Russia o la Cina?
Forse
gli autori sperano in un qualche movimento popolare europeo che
condizioni in profondità una eventuale nuova statualità europea. Ma
di questo movimento popolare europeo non c'è traccia, e, per motivi
che abbiamo spiegato più volte (assenza di un “popolo europeo”)
non c'è da aspettarsi che sorga, almeno non in tempi brevi. Del
resto, abbiamo segnalato tempo fa come queste richieste di lotte
popolari e proletarie unitarie al livello europeo si sentano ripetere
da almeno cinquant'anni. Se per cinquant'anni una determinata
strategia non porta assolutamente a nulla, forse è il caso di
smettere di ripetere gli slogan ad essa connessi, e di fermarsi a
riflettere.
Riassumendo,
qual è l'errore logico di tutti coloro che, come Negri e
Sánchez Cedillo, affermano che è necessario superare la sovranità
nazionale perché in suo nome si sono compiute violenze? Si tratta di
un doppio errore: da una parte non ci dicono come, nel superamento
della sovranità nazionale, si possano salvare le grandi conquiste di
civiltà che dobbiamo agli Stati-nazione; dall'altra, non ci spiegano
perché mai le nuove sovranità, che sostituirebbero gli
Stati-nazione, dovrebbero essere immuni dalle tragedie e dalle
violenze che hanno indubbiamente accompagnato la storia degli
Stati-nazione. È lecito cioè il sospetto che la direzione del
superamento della sovranità nazionale, nella quale ci vogliono
portare Negri, Sánchez Cedillo e tanti altri, ci porterà alle stesse
tragedie della storia degli Stati-nazione, facendoci però perdere le
loro conquiste di civiltà.
3. Un ulteriore
argomento degli autori è quello che è necessario uno spazio
monetario europeo per resistere alle pressioni della finanza
internazionale. È un'altra versione del “bisogna essere grossi”.
La risposta, ripetuta tante volte, sta nel fatto che in Europa e nel
mondo ci sono tanti Stati di medie dimensioni che riescono a far
vivere i loro popoli e a operare le loro scelte politiche interne e
internazionali senza bisogno di unioni monetarie o politiche.
Ovviamente negare la necessità di unioni monetarie o politiche non
significa isolarsi dal mondo, significa che si possono tessere
alleanze, fare trattati e costruire mille altri legami, senza dover
questo dovere cedere le leve di comando (economiche e politiche) del
proprio paese ad altri.
Credo
che questo esame mostri con chiarezza la fragilità delle basi
argomentative di articoli come questo. Siamo di fronte a testi il cui
interesse non sta nel valore argomentativo, ma piuttosto nel
fatto che rappresentano una testimonianza della temperie culturale
del nostro tempo. Si tratta cioè, a mio avviso, della manifestazione
ideologica di strati intellettuali che sono completamente interni al
sistema del dominio capitalistico ma che devono, al suo interno,
conquistarsi spazio, visibilità e rendite agitando slogan in qualche
modo “radicali”.
Questi
gruppi intellettuali esprimono quindi un'ideologia che è
complementare all'approfondimento del dominio del capitale
internazionale sui popoli europei, ma che si esprime con un
linguaggio di “sinistra radicale”. In questo modo essi possono
sperare di conquistarsi un posto nel mercato culturale del tardo
capitalismo, mentre il sistema grazie ad essi “si copre il fianco
sinistro”. La costruzione di una forza politica di resistenza passa anche attraverso la critica a queste ideologie.
(M.B.)
Certo che mettere Claudio Martini a gestire il blog non ha diffuso tutta questa consapevolezza...
RispondiEliminaNon capisco il commento. Questo blog "Badiale&Tringali" è gestito, com'è intuitivo, da Badiale e Tringali. Il blog "mainstream" è stato creato da tre persone (Badiale, Martini e Tringali) che condividevano alcuni assunti di fondo e ha cessato di esistere quando questa condivisione è venuta meno.
EliminaBrancaccio che fine a fatto? Non si occupa più di economia?
RispondiElimina(ARS?)
Non mi è chiaro il senso di questo commento. Sembrerebbe anzi fuori tema, nel dubbio l'ho pubblicato.
EliminaNell'elenco "di tante persone, gruppi, siti, dai più noti... " non ho trovato Emiliano Brancaccio ("noto" personaggio) e mi sono domandato il perché. Tutto qui.
EliminaL'elenco non aveva ovviamente nessuna pretesa di completezza.
EliminaMmmm....Brancaccio nell'elenco dei "NO €". Dice che l'entrata nell'€ è stato un errore, ma sostiene che uscendo dall'€ diventeremmo il grande dicount del capitalismo finanziazio del nord-europa. Inoltre, quando gli si chiede se è per l'uscita, risponde che se proprio capiterà di uscire (non per scelta, ma perché il sistema collasserà da solo, ciò potrà avere effetti meno dannosi se si uscirà "da sinistra" (nazionalizzazione delle banche, totale controllo governativo della banca centrale, repressione finanziaria e divieto di esportazione dei capitali).
EliminaNon mi pare che abbia grandi titoli per stare nell'elenco.
Diciamo che questi intellettuali sono i nuovi Bertinotti, i Cremaschi, i Ferrero - Landini lo salvo soltanto perchè viene dal basso , dalla catena di montaggio-,i quali sono sempre stati dalla parte dei lavoratori ma nel lindo e ordinato salotto di Bruno Vespa; comunque non vinceremo mai, sono troppo forti, Loro, le Elites, e dispongono di enormi strumenti di condizionamento e di formazione dell'opinione pubblica, pensi che un conoscente mi ha riferito di conoscere per lavoro il marito della Serracchiani e di essere convinto che entrambi sono brave persone senza mai interrogarsi sullo spessore culturale di questi personaggi o sul loro appoggio ferreo alla politica di Renzi; insomma mancano gli anticorpi per resistere alla propaganda, ormai si esprimono giudizi in base a sensazioni o a deduzioni campate sul nulla ed a meno che non ci sia un crollo sociale, una carestia, uno shock che spalanchi gli occhi alle persone , perderemo.
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